Prima scadenza per Cigs e solidarietà
Il 23 settembre potrebbe essere la data in cui molte aziende perderanno gli ammortizzatori sociali introdotti dal Jobs act. Questo vuol dire che dal giorno dopo si porrà un problema serio di come contenere il costo del lavoro nei casi di temporanei esuberi. È questo uno dei dossier principali presente sul tavolo di molti direttori del personale e manager di aziende private.
Il 24 settembre 2015 è entrata in vigore la riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel decreto legislativo 148/2015, il cui articolo 4 stabilisce la durata massima complessiva degli ammortizzatori sociali nel quinquennio mobile: 24 mesi per chi fa uso esclusivo di cassa integrazione straordinaria per crisi o riorganizzazione e 36 mesi per chi fa uso esclusivo del contratto di solidarietà (ipotesi molto frequente). La durata è intermedia in caso di utilizzo del mix tra i due strumenti. Per le aziende industriali e artigiane dell’edilizia e affini e per quelle di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, invece, è prevista una durata di 30 mesi.
Il decreto, nel fissare la durata massima degli ammortizzatori, ha azzerato in via generale tutti i contatori e quindi i limiti sopra indicati sono stati computati tutti a partite dal 24 settembre 2015.
Tuttavia, a quella data – in molti settori economici – la crisi nelle imprese era (e lo è ancora) molto presente, così sono state costrette a utilizzare anche ininterrottamente gli ammortizzatori sociali fino a oggi. Dunque, lo scenario attuale è molto diversificato:
ci sono imprese, più fortunate, che sono riuscite in questi anni ad adottare strumenti alternativi conservando qualche mese di ammortizzatori sociali in una prospettiva (da scongiurare) di ulteriori difficoltà nel quinquennio;
altre hanno già esaurito il plafond da tempo (ossia quelle che hanno utilizzato Cigs per crisi o riorganizzazione);
altre ancora (forse la maggioranza) si apprestano a esaurire il plafond dell’ammortizzatore sociale il prossimo 23 settembre, avendo utilizzato in continuità il contratto di solidarietà.
A fronte di questo complesso scenario sono state approvate (e tutt’ora vigenti) alcune specifiche norme che derogano ai limiti di durata. Tuttavia, si tratta di deroghe che riguardano un numero molto limitato di aziende che si sono avvalse in questi anni solo di Cigs per crisi o per riorganizzazione.
Ad esempio, una deroga è stata consentita alle imprese operanti in un’area di crisi industriale complessa, che hanno cessato il programma di crisi o riorganizzazione nel periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2018; in questo caso, previo accordo stipulato in sede governativa, può essere concesso un ulteriore intervento di Cigs (o di mobilità in deroga) ma, comunque, la durata non può eccedere il 31 dicembre 2018 (legge 205/2017, articolo 1, commi 140 e 142).
Solo fino al 2019, limitatamente a un numero ridotto di imprese con organico superiore a 100 unità lavorative e con rilevanza economica strategica anche a livello regionale, che presentino rilevanti problematiche occupazionali con esuberi significativi nel contesto territoriale, possono essere concessi ulteriori 12 mesi per continuare una riorganizzazione complessa, ovvero ulteriori 6 mesi in caso sia presente una crisi complessa (articolo 22 bis del Dlgs 148/2015).
Una specifica deroga, solo per il 2019, riguarda le imprese con organico superiore a 400 unità lavorative, ubicate nei comuni colpiti da terremoto e contestualmente in un’area di crisi industriale complessa: in sede governativa è possibile ottenere un intervento di Cigs solo con causale di riorganizzazione aziendale, sino al limite massimo di sei mesi (articolo 1, comma 6 quater, della legge 55/2018).
Una deroga speciale riguarda le aziende del settore editoria, i cui limiti di durata previsti dal decreto 148 si computano a partire dal 1° gennaio 2018 (articolo 25 bis del Dlgs 148/2015).
In prospettiva sembrerebbe che il governo voglia reintrodurre la Cigs in caso di cessazione dell’attività aziendale. Il problema vero, però, che si presenterà nelle prossime settimane, riguarda un numero molto più vasto di imprese che hanno utilizzato in questi anni solo il contratto di solidarietà e che non hanno alcuna intenzione di chiudere l’attività: esse saranno costrette ad aprire procedure di mobilità per affrontare il tema della crisi avendo esaurito i 36 mesi di ammortizzatori sociali.