Rapporti di lavoro

Welfare aziendale e regolamenti con valenza negoziale

di Gianluigi Baroni, Antonella Iacobellis e Andrea Giordan

Con la circolare n. 28/E del 15 giugno 2016, l'Agenzia delle Entrate ha sottolineato che «la erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore».

In sostanza, alla luce dell'intervento dell'Agenzia delle Entrate si evince che non qualunque regolamento aziendale è di per sé idoneo a legittimare la piena fruizione dei vantaggi fiscali in relazione ad alcune tipologie di servizi di welfare (articolo 51, comma 2, lettera f e articolo 100, comma 1 del Tuir).

Tuttavia le parole "regolamento che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale" hanno creato non pochi dubbi interpretativi.

Ora, è bene intendersi già sul concetto di "regolamento aziendale" in giurisprudenza e in dottrina si sono scontrati orientamenti che, da un lato, ne hanno riconosciuto anche la natura contrattuale collettiva, in quanto preordinato ad assicurare uniformità di trattamento a tutti i lavoratori interessati e, dall'altro altre letture che, valorizzando la libera volontà (in alcun modo vincolata e coartata) del datore di lavoro, ne hanno accentuato la caratteristica dell'unilateralità.

Ciò premesso, condotti dalle parole dell'Agenzia dell'Entrate, si giungerebbe ad una biforcazione del sistema di deducibilità dei costi di cui al combinato disposto degli artt. 51 e 100 TUIR:

•il regolamento come mero atto "volontario e non vincolato" del datore di lavoro consente di accedere ad una deducibilità nei limiti del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente;

•il regolamento come atto "volontario ma vincolato" dall'esecuzione di un obbligo negoziale, fa sì che le spese sostenute dal datore di lavoro siano integralmente deducibili.

Per cercare di inquadrare quale contenuto deve (o non deve) avere il regolamento aziendale quale atto "volontario ma vincolato" del datore di lavoro, ai fini dell'integrale deducibilità dal reddito d'impresa dei costi di welfare sostenuti dal datore di lavoro, è probabilmente opportuno esaminare anche la risposta all'interpello n. 954-1417/2016 che l'Agenzia dell'Entrate, Direzione Regionale della Lombardia, ha fornito in data 10 aprile 17.

In estrema sintesi, il quesito posto all'attenzione dell'Ente lombardo riguardava una società che decideva di attivare un Piano welfare formato da due servizi aventi finalità ricreative (abbonamento a palestra e viaggi all'estero), disciplinato da specifico regolamento aziendale, indirizzato sia agli amministratori che al personale dipendente.

Sulla base di questo dato fattuale, l'istante richiedeva all'Agenzia di avere un parere circa la possibilità di:

– applicare il regime di esclusione da imposizione sul reddito da lavoro dipendente previsto dall'art. 51, comma 2, lettera f) del TUIR in relazione all'utilizzazione di servizi con specifica finalità ricreativa riconosciuti dalla società in conformità a disposizioni di regolamento aziendale;

– beneficiare della piena deducibilità del costo dei suddetti benefits dal reddito d'impresa quale spesa relativa a servizi utilizzabili dalla generalità o categorie di dipendenti, senza incorrere nella limitazione del 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi come previsto dall'art. 100, comma 1 del TUIR.

A dire dell'Agenzia dell'Entrate, dal documento presentato dalla società istante non si sono evinte le condizioni volte a configurare l'adempimento di un obbligo negoziale e anzi le parole "avrà facoltà di cessare unilateralmente e discrezionalmente l'implementazione e l'efficacia del Piano Welfare al termine di ciascun anno, senza che da questo possa derivare alcun successivo obbligo nei confronti dei collaboratori, né far sorgere diritti di qualsiasi natura in capo a questi ultimi. Inoltre qualora norme di legge o variazioni sostanziali nel costo per le forniture dei servizi dovessero significativamente modificare lo scenario in base al quale è stato istituito il Piano Welfare ovvero gli aspetti fiscali ad esso inerenti, è facoltà del datore interrompere in qualsiasi momento l'applicazione del Piano Welfare o di procedere a una sua revisione" hanno contribuito ad avallare l'opinione dell'Ente, nel negargli la valenza di "regolamento aziendale che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale".

Infatti, limitatamente al periodo di tempo ivi indicato, in virtù del regolamento aziendale in adempimento di un obbligo negoziale, il lavoratore acquisterebbe un diritto soggettivo e il datore di lavoro si vedrebbe caricato del corrispondente obbligo.

È evidente che per il periodo di tempo indicato nel regolamento in cui il datore di lavoro si vincola in adempimento di un obbligo negoziale, è opportuno che a quest'ultimo non venga riconosciuto il potere di modificare i suoi impegni assunti, così come accade nel documento mostrato dalla società!

È certo che la duplice lettura dell'Agenzia dell'Entrate, prima con la circolare poi con la risposta all'interpello, ha comportato una destrutturazione del concetto di regolamento aziendale, pur giustificata dagli Uffici Finanziari con la necessità di contemperare la sopravvivenza nel Tuir dell'originaria versione dell'articolo 100, anche dopo l'adozione del testo del più volte citato articolo 51, comma 2, lettera f, così come novellato ad opera della Legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Giusta e utile quindi la risposta da ultimo offerta dalla Direzione Generale lombarda dell'Agenzia: diventa fondamentale che il regolamento in questione assuma precise obbligazioni nei confronti dei lavoratori per un periodo di tempo stabilito, senza che i contenuti del regolamento stesso possano essere modificati unilateralmente prima della sua naturale scadenza.

Il punto aperto rimane tuttavia senz'altro l'individuazione di quegli elementi che, recepiti in un regolamento aziendale, possano garantire al datore di lavoro la piena deducibilità delle spese per oneri di utilità sociale, anche quando queste superino il 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.

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