Professionisti, il welfare deve sostenere l’attività
La legge sul
Il legislatore con la legge 81/2017 cerca di recuperare un ritardo storico nell’individuare forme adeguate, moderne e attive di protezione nei confronti dei lavoratori autonomi. Ma lo sforzo che viene fatto deve servire non solo ai lavoratori indipendenti, ma anche in generale per una generazione che dovendo lavorare per oltre 40 anni probabilmente sarà dipendente e autonoma più volte e in maniera diversa nella propria vita lavorativa.
Si tratta quindi di disegnare un welfare attivo, multipilastro e integrato capace di accompagnare l’individuo durante le diverse transizioni ed eventi della vita, cercando di aiutarlo ad affrontare i rischi biometrici e quelli professionali, che tenga insieme gli effetti dell’internet of things e della digital revolution con le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione.
Un altro passaggio culturale è dato, inoltre, dal fatto che si riconosce finalmente che il lavoro autonomo, anche quello iscritto ad Ordini e albi, è esposto ai cambiamenti derivanti dalla rivoluzione digitale, dalla globalizzazione dei mercati, dai cambiamenti organizzativi, dai processi demografici e dalla “volatilità” normativa.
L’approccio previdenziale di lungo periodo ha consentito, secondo gli indirizzi contenuti nel Libro bianco sulle pensioni in Europa (An agenda for adequate, safe and sustainable Pnsions) a soggetti privati come le Casse di previdenza dei liberi professionisti di realizzare delle esperienze avanzate di welfare integrato, valorizzando la tradizione storica italiana dei corpi intermedi in una visione sussidiaria.
Per questo è necessario ripartire da quanto già presente per aiutarlo e svilupparlo ulteriormente. L’articolo 6 della legge sul lavoro autonomo vale per i professionisti iscritti agli Ordini e quindi alle Casse, ma costituisce un modello organizzativo anche per il restante mondo del lavoro indipendente.
È importante, quindi, che anche questa delega venga esercitata consentendo alle Casse di rafforzare quello che già viene erogato in termini di sanità integrativa, assistenza e welfare per il lavoro, eliminando i vincoli amministrativi che negli anni sono stati apposti secondo una vecchia logica statica e per compartimenti stagni del welfare.
Le Casse hanno risorse per proteggere di più e meglio i propri iscritti, soprattutto i più giovani, rafforzando in tal modo anche la capacità e continuità reddituale, che sono i due fattori che garantiscono la sostenibilità e adeguatezza previdenziale.
I dati sui redditi del’Adepp, associazione delle Casse di previdenza, mostrano come anche il lavoro professionale sia afflitto dai tradizionali tre gap del mercato del lavoro italiano: quello generazionale, quello di genere e quello territoriale.
Per evitare che i gap reddituali si riproducano anche da pensionati, come accade ormai con i sistemi previdenziali attuali, fondati sul contributivo o retributivi corretti, occorre intervenire con misure di welfare attivo che puntino ad anticipare l’ingresso nel mercato delle professioni, rafforzare la capacità reddituale, prevenire o compensare gli eventi che interrompono la continuità e capacità reddituale.
Anche per il lavoro autonomo, quindi, diventa centrale avere una politica attiva per il lavoro anche attraverso un utilizzo dei fondi Ue. Su questo tema occorre evitare di riprodurre i difetti dei servizi e delle politiche fin qui disegnate per i lavoratori subordinati. I servizi e gli sportelli per il lavoro autonomo non devono essere realizzati come mero adempimento formale, ma disegnati insieme ad ordini, associazioni e casse di previdenza in collaborazione con le agenzie per il lavoro e le agenzie per l’autoimpiego secondo un modello avanzato di servizi integrati di consulenza altamente qualificata.