L’esigenza straordinaria non è temporanea
Anche con riferimento ai contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, la formulazione delle ragioni di carattere produttivo, tecnico, organizzativo o sostitutivo (richieste dall'allora vigente articolo 20, comma 4, del Dlgs 276/2003) devono essere enunciate in termini circostanziati ed esaustivi, evitando formulazioni tautologiche o generiche. La Corte di cassazione ha rilevato (sentenza 23619/2018) che, non diversamente da quanto avveniva per i contratti a termine nel vigore della previgente disciplina di legge (articolo 1 del Dlgs 368/2001), l'attivazione del contratto di somministrazione a tempo determinato richiede che le esigenze aziendali a presidio della legittima apposizione del termine siano non solo individuate per iscritto nel contratto, ma anche enunciate con un grado di specificazione tale da consentire una completa verifica sulla loro effettiva sussistenza.
La formulazione della clausola contrattuale, precisa la Cassazione, non può limitarsi a una parafrasi del testo di legge, ma deve indicare in termini precisi e analitici il rapporto che intercorre tra le condizioni richieste dalla legge e la specifica esigenza produttiva, tecnica od organizzativa per la cui realizzazione viene attivato il contratto di somministrazione nella modalità a tempo determinato. Non è, quindi, sufficiente indicare che il ricorso alla somministrazione con limite di durata avvenga in presenza di un incremento della domanda (nella fattispecie esaminata dalla Suprema corte, prodotti farmaceutici) o del conseguente innalzamento dei livelli di produzione, essendo richiesto che la clausola contrattuale ricolleghi il picco produttivo alle esigenze del singolo segmento aziendale in cui viene inserito il lavoratore in missione.
La Cassazione pone come ulteriore condizione di validità del ricorso alla somministrazione a tempo determinato la identificazione delle circostanze che rendono temporaneo l'incremento produttivo, con la precisazione che, per soddisfare questo requisito, non è sufficiente dedurre una esigenza straordinaria: si tratta, infatti, di una condizione diversa dalla permanente necessità del carattere temporaneo della prestazione.
Sotto tutti questi aspetti, conclude la Suprema corte, il contratto di somministrazione a tempo determinato, ricorrendo al quale l'utilizzatore beneficia a termine delle prestazioni della manodopera fornita dall'agenzia di lavoro, non si discosta dal contratto a termine che la medesima impresa può stipulare direttamente con il lavoratore. In entrambe le fattispecie contrattuali, requisito di validità è costituito sia dalla analitica e non generica esposizione delle esigenze aziendali alla base della instaurazione a termine del rapporto, sia dalla permanenza del requisito della temporaneità delle dedotte esigenze aziendali.
La pronuncia della Cassazione, benché faccia riferimento a una disciplina della somministrazione a termine abrogata a seguito del successivo processo di liberalizzazione portato a compimento con il Jobs act, appare oggi di estrema attualità. Proprio la reintroduzione delle causali a opera del decreto dignità (Dl 109/2018), da attivare anche per la somministrazione di lavoro a tempo determinato dopo i primi dodici mesi, è destinata a riproporre queste stesse tematiche sulla regolarità formale del contratto e sulla effettiva ricorrenza delle dedotte esigenze aziendali sul piano sostanziale.
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