Contrattazione

«Via crucis» tra causali e somministrazione

di Claudio Tucci

Il primo “assaggio” delle regole più stringenti sui rapporti di impiego temporanei lo hanno provato quelle imprese che, dal 14 luglio, per ragioni oggettive, di urgenza o per semplice scadenza dei termini, si sono trovate a dover rinnovare o prorogare contratti a tempo determinato o in somministrazione. L’assenza di un regime transitorio, nel decreto originario, le ha costrette ad applicare, in fretta e furia, la nuova disciplina, esponendosi a possibili errori e rischiando pesanti sanzioni (fino alla conversione a tempo indeterminato). Molti datori, nell’incertezza, non si sono avventurati: «Aziende mie clienti hanno richiamato personale stabile dalle ferie pur di non assumere in sostituzione lavoratori a tempo in attesa del testo della legge - dice Bruno Caruso, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Catania e alla Luiss di Roma -. Il Parlamento ha, in parte, rimediato alla dimenticanza, consentendo alle imprese di applicare la disciplina previgente fino al 31 ottobre. Il “rattoppo” però finirà per creare nuovo scompiglio, con regimi differenti (4, ndr) destinati più a disorientare aziende e lavoratori, che a favorire nuova occupazione».

Il punto è che «si apre una vera e propria via crucis per le aziende - aggiunge Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma -. Si pensi all’impatto che il nuovo limite, 30% dell’organico complessivo, per utilizzare personale a termine o in somministrazione, avrà sulla negoziazione. I contratti collettivi o aziendali vigenti, e i settori che non prevedono limiti per il personale a tempo dovranno confrontarsi con le nuove regole. Non sarà facile trovare un’intesa con il sindacato».

Anche le due nuove causali, obbligatorie dopo i primi 12 mesi di contratto a termine “libero”, stanno creando e creeranno dal 1° novembre, problemi agli imprenditori: sono «molto circoscritte e di limitata utilizzazione - spiega Valerio Speziale, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Chieti-Pescara -. Le esigenze estranee all’attività ordinaria dell’impresa consentono l’utilizzo di personale a termine in ipotesi residuali, penso a un’azienda che deve rivedere i sistemi informatici o l’organizzazione. Gli incrementi di attività in primo luogo devono essere significativi, escludendo il contratto a termine per quelli più modesti. Inoltre devono essere anche non programmabili. Non sono inclusi i “picchi di lavoro” ricorrenti, come la produzione di dolci a Natale e Pasqua o le intensificazioni della produzioni che avvengono periodicamente nello stesso periodo dell’anno».

Le criticità non risparmiano la somministrazione, con l’estensione delle causali, che, secondo Franco Scarpelli, ordinario di diritto del Lavoro alla Milano-Bicocca «creerà non pochi ostacoli all’assunzione da parte delle agenzie di lavoratori a termine, spingendo verso la stabilizzazione della manodopera che poi potrà essere assegnata in missione nelle imprese sia a tempo sia in staff leasing».

Con il rialzo degli indennizzi nei licenziamenti illegittimi raggiungiamo un primato a livello internazionale: «Il ristoro massimo a 36 mensilità ci consegna un meccanismo fuori standard rispetto alle medie europee - sottolinea Riccardo Del Punta, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Firenze -. La novità entrerà a pieno regime tra diversi anni, ma l’impatto rischia di prodursi da adesso, anche sui licenziamenti ante-Jobs Act, nei quali il giudice che non reintegri il lavoratore potrà sentirsi indotto ad applicare il massimo dell’indennità 12-24, al fine di colmare questa disparità di trattamento con i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, in generale potrà assistersi a un incremento del costo delle conciliazioni».

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