Rapporti di lavoro

Redditi bassi e concorrenza minano gli entusiasmi dei professionisti

di Maria Carla De Cesari

Le professioni non costituiscono più come qualche anno fa uno sbocco alternativo per laureati e giovani specializzati che trovavano nell’abilitazione un’àncora di salvataggio rispetto alla crisi occupazionale del lavoro subordinato.

In questi anni - la prova è nelle statistiche delle Casse di previdenza - le giovani generazioni entrate negli Albi hanno raggiunto compensi vicini alla soglia di sopravvivenza - 10-20mila euro di reddito - e questo dà l’idea di come l’investimento nella libera professione sia una scommessa difficilissima. In questo senso, la disaffezione e l’allontamento dei giovani hanno il sapore di chi, realisticamente, prende atto di un mondo che offre ai nuovi poche chance, se non a prezzo di lunghissimi anni di dedizione.

I dati relativi ai candidati all’abilitazione per diventare commercialista, architetto e ingegnere sono esplicativi: gli iscritti all’esame di Stato sono crollati di oltre il 40% tra il 2006 e il 2016. Anche una professione forte come quella dell’ingegnere non sfugge a questa dinamica, nonostante l’abilitazione non richieda, in questo caso, la preventiva frequenza di un tirocinio professionale e sia stata vissuta, fino a qualche anno fa, come il naturale corollario della laurea.

Questo stato di cose si presta a due considerazioni. Da un lato va registrata, non senza una certa tristezza, la capacità dei giovani di interpretare i segnali di un mercato affollato e poco ospitale. Dall’altro, emerge come un dibattito annoso condotto sotto la regia dell’Antitrust per cambiare le regole di un «hortus conclusus» non abbia portato i risultati sperati.

Gli strumenti che potevano esercitare una funzione redistributiva, come la pubblicità o la possibilità di esercitare l’attività in modo associato, hanno dimostrato scarsa efficacia. Al di là della società tra professionisti, rimasta impantanata nell’ambiguità dell’inquadramento fiscale, sono mancati elementi catalizzatori e di rete per mettere in comune competenze che potevano essere capitalizzate con la complementarietà. E la pubblicità, al di là dell’impegno finanziario, non è forse l’atout in un mondo in cui conta farsi conoscere, ma ci si impone per autorevolezza, curriculum, esperienza.

D’altro lato, l’inflazione dell’offerta nel solco delle esclusive, delle riserve e delle attività tipiche che sono il portato degli Ordini poco ha a che fare con la necessità di competenze specialistiche che non sono incardinate negli ordinamenti e che rispondono a necessità di nicchia, con caratteristiche cangianti. Da qui una certa crescita tra le partite Iva, che non hanno sbarramenti al momento dell’accesso - niente necessità di ricercare un tirocinio, nessun esame di Stato - ma invece avrebbero bisogno di “vetrine” di mercato, insieme con un sistema fiscale più generoso e di welfare più flessibile e inclusivo.

I dati emersi dall’inchiesta del Sole 24 Ore mettono però in evidenza la necessità, per gli universi professionali, di correre ai ripari. Per sano egoismo previdenziale, senza scomodare i buoni sentimenti. Perché il sistema delle Casse private, anche quelle che hanno optato per il calcolo contributivo delle prestazioni, si regge sulla ripartizione: le pensioni dei vecchi si pagano con i contributi versati dai più giovani. Se l’equilibrio tra attivi e pensionati si rompe, viene a cadere la previdenza.

È per questo che da qualche tempo tra le Casse, ma anche tra i Consigli nazionali, si va facendo strada la consapevolezza che occorre spezzare il circolo vizioso che finora ha complottato contro i giovani. Si parla dunque di affiancare al welfare tradizionale, che va incontro ai bisogni dei professionisti già interni al sistema, una politica per attirare e fidelizzare i giovani. Superata la fase in cui la professione ha rappresentato un ammortizzatore sociale, è forse arrivato il momento in cui gli “inclusi” possono investire parte delle loro risorse per le nuove leve. Finanziare l’avvio dello studio, prestare risorse per la formazione e per migliorare le competenze, facilitare le aggregazioni, aiutare in ambiti di mercato al di fuori del ristretto ordinamento professionale possono essere azioni che pagano nel futuro. Il proprio e quello delle nuove leve.

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