Agevolazioni

Imu e Tasi, nessuna esenzione per imprese e housing sociale

di Antonio Fiorilli e Gabriele Sepio

La riforma del terzo settore conferma le esenzioni Imu e Tasi sugli immobili destinati a finalità di interesse generale.

Per gli enti che saranno chiamati a iscriversi nel nuovo registro unico nazionale l’esenzione sarà allineata a quella già prevista per gli enti non commerciali. Il Dlgs 117/2017 (Codice del terzo settore) subordina, infatti, il beneficio fiscale alla condizione che gli immobili posseduti dagli enti del terzo settore siano utilizzati per lo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive (articolo 82, comma 6, del Codice).

Definizioni non allineate
È da notare come l’elenco delle attività per le quali opera l’esenzione non coincida perfettamente né con le attività previste dal decreto Onlus, né con quelle cosiddette di «interesse generale» elencate all’articolo 5 del Codice. Superfluo appare poi il richiamo alle attività di religione e di culto (articolo 16, lettera a), legge 222/85), che non sono attività di interesse generale.

Questo significa che, una volta entrato a regime il registro unico, laddove non dovesse intervenire un diverso coordinamento, per gli enti occorrerà valutare con molta attenzione l’impatto di Imu e Tasi sulle attività che sceglieranno effettivamente di svolgere (ad esempio, il commercio equo e solidale non dovrebbe rientrare tra le attività che danno diritto all’esenzione).

Il beneficio fiscale in esame sarà riservato ai soli enti del terzo settore che si qualificheranno come «non commerciali» in base all’articolo 79 del Codice del terzo settore. Resteranno escluse dunque le imprese sociali, salvo l’eventualità di valutare una riduzione da parte degli enti locali.

Va considerato, inoltre, che le nuove disposizioni del Codice in tema di tributi locali, sebbene risultino tra quelle immediatamente applicabili agli enti in vigenza del regime transitorio, diventeranno pienamente operative solo a seguito del via libera definitivo da parte della Commissione europea. Questo perché tra le disposizioni sottoposte al vaglio comunitario figura anche l’articolo 79 del Codice, in base al quale sarà possibile individuare tra gli enti del terzo settore quelli aventi natura non commerciale.

Attività «non commerciali»
Ad ogni modo, non cambierà molto rispetto alle attuali agevolazioni Imu e Tasi per gli enti non commerciali. Le esenzioni, infatti, sono applicabili a condizione che vengano osservati i parametri di non commercialità delle attività di cui al Dm 200/2012, più stringenti di quelli fissati per gli enti e le attività del terzo settore dall’articolo 79 del Codice.

La decorrenza delle esenzioni Imu e Tasi di cui all’articolo 82, comma 6, del Codice passa quindi in secondo piano. I parametri del Dm 200/2012 continueranno comunque ad applicarsi, a regime, anche agli enti del terzo settore, per effetto del richiamo dell’articolo 82 alle disposizioni attuative della disciplina Imu.

Utilizzo diretto
Una significativa novità della disciplina in esame riguarda la delimitazione dell’ambito applicativo delle agevolazioni. Viene infatti chiarito che per fruire delle esenzioni l’ente del terzo settore dovrà utilizzare l’immobile per la propria attività di interesse generale.Potrebbero così ritenersi superate le incertezze della giurisprudenza: la Cassazione infatti ha negato l’esenzione nei casi di locazione e di concessione in comodato gratuito, arrivando poi ad ammetterla esclusivamente per gli enti non commerciali inseriti in una medesima «architettura strutturale» (Cassazione 12301/2017).

Alla nuova soluzione adottata dal Codice fa da contraltare la possibilità di sterilizzare l’impatto dell’Imu mediante la cessione agevolata all’ente utilizzatore di un diritto reale sul fabbricato con il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (articolo 82, comma 4, del Codice).

Resta invece fuori dal perimetro dell’esenzione l’housing sociale, per il quale la riduzione dell’imposizione locale resta legata al potere regolamentare dei Comuni.

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