Rapporti di lavoro

Le sanzioni collegate all'illegittimità del licenziamento alla luce del decreto dignità

di Cristian Valsiglio

Di seguito riportiamo un commento tratto dall'instant Decreto Dignità del Sole 24 ORE in edicola e su Shopping 24 dall'11 settembre 2018

Il decreto legge 87/2018, convertito con modificazioni dalla legge 96/2018, intervenendo sull'apparato sanzionatorio previsto dal Dlgs 23/2015, ha modificato i valori minimi e massimi di indennizzabilità disposti a favore del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.

Tale apparato sanzionatorio (c.d. a tutele crescenti), applicabile ai lavoratori dipendenti assunti dal 7 marzo 2015, privilegia il risarcimento economico rispetto al risarcimento giuridico comportante la reintegra nel posto di lavoro. Inoltre è bene evidenziare che le sanzioni economiche sono parametrate considerando due specifiche variabili: l'ultima retribuzione utile per il calcolo del Tfr e l'anzianità aziendale del dipendente; non consentendo di fatto alcuna discrezionalità nella quantificazione da parte del giudice. Operativamente si riscontrano due problematiche particolari: una di carattere tributario consistente nella definizione del regime fiscale delle somme risarcitorie erogate, l'altra di natura prettamente giuslavoristica di quantificazione dell'indennizzo. Sotto il primo aspetto è possibile schematicamente riepilogare lo scenario fiscale evidenziando che:

1)In caso di licenziamento discriminatorio, nullo o in forma orale al dipendente è assicurata, oltre alla reintegra nel posto di lavoro, la corresponsione di un'indennità risarcitoria, a copertura del periodo intercorrente dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra, da assoggettare a tassazione ordinaria per la competenza dell'anno e a tassazione separata per le competenze degli anni precedenti.

2)In caso di licenziamento illegittimo per mancanza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo per insussistenza del fatto materiale contestato, al dipendente è assicurata la reintegra e la corresponsione di un'indennità risarcitoria, a copertura del periodo intercorrente dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra, per un massimo, tuttavia, di 12 mensilità. Tale indennità risarcitoria si ritiene debba essere, almeno prudenzialmente e in assenza di differente indicazione dell'Agenzia delle entrate, assoggettabile a tassazione ordinaria.

•In caso di licenziamento illegittimo per assenza di giustificato motivo e giusta causa, al dipendente è assicurata la sola indennità determinata nella misura di due mensilità dell'ultima retribuzione utile per il TFR per ogni anno di servizio, per un minimo di 6 mensilità (prima erano 4) e un massimo di 36 mensilità (prima erano 24) assoggettata a prelievo fiscale secondo l'aliquota di tassazione del TFR e non soggettata a contribuzione previdenziale. I valori minimi e massimi si dimezzano in caso di azienda piccola a cui si applica la c.d. tutela obbligatoria.
•In caso di licenziamento illegittimo per vizi formale e procedurali, al dipendente è assicurata la sola indennità determinata nella misura di una mensilità dell'ultima retribuzione utile per il TFR per ogni anno di servizio per un minimo di 2 mensilità e un massimo di 12 mensilità assoggettata a prelievo fiscale secondo l'aliquota di tassazione del TFR e non soggettata a contribuzione previdenziale. Anche in questo caso i valori minimi e massimi si dimezzano per le aziende piccole.

In merito al secondo aspetto, la quantificazione della sanzione economica, è necessario analizzare: il concetto di retribuzione utile per il calcolo del TFR e il termine "ultima". Relativamente al primo elemento, a mente dell'art. 2120 c.c. la retribuzione di riferimento del TFR "comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte o comunque dovute in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese". Sarà necessario a tal fine verificare anche la contrattazione collettiva applicata. Sul termine "ultima" retribuzione utile invece ci sono discordanze interpretative di carattere operativo.

Un primo orientamento, basandosi sul fatto che l'art. 2120 c.c. definisce il TFR su base annuale, ritiene che per "ultima retribuzione" debba intendersi la retribuzione utile per il TFR percepita dal lavoratore nell'anno precedente la risoluzione del rapporto di lavoro. Secondo una differente linea interpretativa, invece, la determinazione dell'ultima retribuzione utile per il TFR dovrebbe essere calcolata sommando una proiezione della retribuzione mensile utile per il TFR in essere al momento della cessazione con una quota di retribuzione mensile storicizzata, determinata dalla somma degli elementi utili ai fini del TFR erogati nell'ultimo anno con esclusione della retribuzione base ricevuta.

Da ultimo si deve evidenziare che, in fase di conversione del D.L. 87/2018, la L. 96/2018, modificando l'art. 6 del d.lgs. 23/2015 in materia di offerta conciliativa esente, ha aumentato da 2 a 3 mensilità il valore minimo considerabile esente e da 18 a 27 mensilità il valore massimo. Quest'ultima disposizione infatti prevede che il datore di lavoro possa offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, un importo esente da imposte e contributi di ammontare pari a 1 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 3 e non superiore a 27 mensilità, mediante consegna di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta.


Sulla disciplina del licenziamento dopo D.L. 87/2018, convertito con modificazioni dalla L. 96/2018, segnaliamo inoltre il primo volume della collana Crisi Aziendale e Rapporto di Lavoro in edicola e su Shopping 24 dal 6 settembre 2018.

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