Previdenza

Covip in pressing: vigilanza allargata alla sanità integrativa

di Davide Colombo

La necessità di soddisfare bisogni sociali crescenti che l’invecchiamento della popolazione, da una parte, e la fragilità del mercato del lavoro dall’altra, portano con sè, assegnano alla Covip un ruolo di “vigilanza sociale” che dovrebbe andare oltre la previdenza complementare e riguardare anche il settore della sanità integrativa e l’ assistenza a lungo termine . La proposta di un rafforzamento del ruolo istituzionale della Commissione di vigilanza sui fondi pensione è arrivato ieri dal suo presidente, Mario Padula, al termine della lettura della relazione annuale presentata a Montecitorio. «Diversamente dalla previdenza complementare, il settore della sanità integrativa, seppur già largamente sviluppato – operano sul mercato oltre 500 fondi – non risulta tuttora adeguatamente regolato né efficacemente vigilato», ha affermato Padula, chiedendo al legislatore e alle forze sociali una riflessione sul tema nella prospettiva di un «sistema di Welfare realmente inclusivo e universale». Una vigilanza rafforzata, dunque, che oltre al presidio sulla stabilità finanziaria degli operatori e la trasparenza nei rapporti con gli utenti si occupi anche dell’adeguatezza delle prestazioni da garantire «in ogni momento della vita delle persone» e non più solamente dopo la sua uscita dal mercato del lavoro.

Nella prima parte della relazione Padula ha presentato il consueto quadro sull’andamento delle attività della previdenza complementare. A fine 2016 il numero dei fondi attivi s’è ridotto di 17 unità. Le forme pensionistiche complementari sono ora 452: 36 fondi negoziali, 43 aperti, 78 piani individuali pensionistici (Pip), 294 preesistenti e FondInps, il fondo residuale costituito nel 2005 per raccogliere il Tfr dei lavoratori che non hanno aderito a un fondo complementare e il cui contratto non ne prevede uno di tipo negoziale (erano 37mila a fine anno e meno di 6mila hanno effettuato un versamento, anche per questa ragione Covip ne propone la soppressione per legge). I fondi pensione con più di 100mila iscritti sono 15, oltre la metà ha meno di mille iscritti e di questi il 90% è costituito da fondi pensione preesistenti. Un panorama, ha sottolineato Padula, che conferma come «permangono spazi per una ulteriore concentrazione». Le adesioni ai fondi sono cresciute del 7,6%, a quota 7,8 milioni, ma 620mila di questi lavoratori è iscritto a più di una forma complementare, con il risultato che il totale complessivo scende a 7,2 milioni, ovvero il 27,8% delle forze lavoro.

Fondi pensione e casse professionali continuano a essere la Cenerentola tra gli investitori istituzionali impegnati a finanziare le imprese nazionali. Nel 2016 la quota destinata a questo obiettivo s’è fermata a 7,2 miliardi, pari al 3,7% del totale delle attività. Di questa modestissima cifra poco meno della metà, 3,4 miliardi, sono andati in obbligazioni societarie e il resto (3,8 miliardi) in equity. Sull’Italia l’investimento complessivo è stato di 71 miliardi (37% degli attivi destinati a prestazione), ma oltre la metà sono andati in titoli del debito pubblico, per un valore di 40,2 miliardi, mentre poco meno di un terzo è investito in immobili.

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