Rapporti di lavoro

Dis-coll, indennità anche se la volontà recessiva del lavoratore è indotta

di Mauro Marrucci

L'indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi (Dis-Coll) compete per qualunque ipotesi o causa di cessazione del contratto, salvo che in caso di recesso volontario del collaboratore.

Il principio è stabilito dall'articolo 15 del Dlgs n. 22/2015, che subordina, tra gli altri requisiti, l'erogazione della provvidenza in conseguenza di un generico «evento di cessazione» del contratto avulso dalla volontà del lavoratore. Sembra tuttavia evidente che, ove il collaboratore fosse indotto a recedere dal contratto non tanto per motivi personali ed esterni al rapporto negoziale ma per reazione ad un comportamento illegittimo del committente, tale manifestazione di volontà recessiva non possa pregiudicare il riconoscimento del sostegno al reddito.

Questa opzione interpretativa sembra del resto analoga e parallela a quella della Naspi, che, per i lavoratori subordinati, opera il riferimento alla cosiddetta “disoccupazione involontaria”. In tale disciplina (Inps, circ. 94/2015) ai fini dell'indennità rilevano tra le cause di perdita involontaria dell'occupazione anche quelle dovute al licenziamento disciplinare (Min. Lav., Interpello 13/2015), alle dimissioni per giusta causa in tutte le sue possibili declinazioni (mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali nei luoghi di lavoro, demansionamento, mobbing, conseguenze legate a trasferimenti di azienda, trasferimenti di sede non genuini, comportamento ingiurioso del superiore gerarchico nei confronti del dipendente, e così via) e ai casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della Legge 604/1966 (articolo 3, comma 2, Dlgs n. 22/2015).

È appena il caso di ricordare che la Dis-Coll è entrata a regime nell'ordinamento dal 1° luglio 2017 ai sensi dell'articolo 7 della Legge n. 81/2017 (cosiddetto Jobs Act del lavoro autonomo), la quale ha inserito nell'articolo 15 del Dlgs n. 22/2015 i commi 15-bis, 15-ter e 15-quater ed è stata estesa anche agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio - iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata Inps, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione - in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2017. Ne continuano a rimanere esclusi gli amministratori e i sindaci.

Ai fini del riconoscimento della Dis-Coll è venuta meno la necessità della sussistenza dell'originario requisito contributivo-reddituale previsto dall'articolo 15, comma 2, lett. c), del Dlgs n. 22/2015. I beneficiari quindi non devono più far valere, nell'anno in cui si è verificato l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione.
Per l'accesso alla Dis-Coll, pertanto, i richiedenti dovranno unicamente:
a) essere in stato di disoccupazione al momento di presentazione della domanda relativa alla prestazione, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del Dlgs n. 150/2015;
b) far valere almeno tre mesi di contribuzione nella Gestione Separata Inps nel periodo intercorrente dal 1° gennaio dell'anno civile precedente la data di cessazione dal lavoro fino alla predetta data di cessazione.
L'indennità non spetta, tuttavia, in caso di mancato versamento della contribuzione da parte del soggetto committente in quanto non è invocabile il principio dell'automaticità delle prestazioni di cui all'articolo 2116 del Codice civile (Inps, circ. n. 74/2016).

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