Al lavoro sette giorni su sette per un salario di mille euro
Svegliarsi. Controllare lo smartphone. Mettersi in sella e sperare che la giornata abbondi di ordini, pedalando da un lato all’altro di Milano per mettere al sicuro un’entrata di 800 euro netti al mese. La vita lavorativa di Samuele («Niente nome vero, ok?»), fattorino per le app di consegna cibo Glovo e Deliveroo, è scandita da due incognite che decidono quanto guadagnerà dalla sue otto ore di attività giornaliere.
La prima è il calendario, ovvero le fasce orarie vuote che possono essere prenotate per mettersi a disposizione della app. La seconda è quella che lui chiama «il punteggio»: una valutazione sulla sua affidabilità che deriva dall’incrocio di più fattori, come la velocità di consegna, il lavoro nel fine settimana e il rating dei clienti. Più si alza il punteggio e più ore si bloccano sul calendario settimanale. Samuele fa una media di 20 consegne quotidiane, a volte sette giorni su sette perché «se non lavori la domenica ti abbassano il punteggio». Il suo profilo combacia poco con lo stereotipo del rider giovane «che arrotonda» nel tempo libero. «Io ho più di 40 anni e faccio solo questo, perché non ho alternative – racconta –. Ma la verità è che puoi trovare di tutto: studenti universitari, pensionati, lavoratori dipendenti che cercano attività parallele perché non arrivano a fine mese». La sua dedizione è ripagata con meno di 1000 euro mensili, cifra che si fa persino invidiare rispetto ai 100-200 euro raggiunti da diversi colleghi. È vero che dalla sua c’è la disponibilità full-time, ma non un inquadramento contrattuale. «Abbiamo dei contratti di collaborazione occasionale autonoma. In poche parole, nessun tipo di diritto – racconta –. In più tutte le spese sono a nostro carico e non abbiamo straordinari quando lavori la notte». L’assenza di straordinari (e mezzi forniti dall’azienda) è un handicap familiare anche a Marianna, altro nome di fantasia di una 25enne romana con laurea magistrale e master alle spalle. Marianna ha iniziato durante gli studi a lavorare per Deliveroo, consegnando pizze e sushi per la capitale. Lezioni e appelli l’hanno costretta a fissarsi un tetto di 15 ore al mese, investite in maniera più o meno redditizia. «Quando ti prenoti le fasce orarie devi essere reperibile – spiega –. Ma questo non vuol dire che sarai chiamata: io ho passato anche quattro ore, di pomeriggio, in attesa di una notifica». Oltre all’investimento di tempo ed energia, Marianna aggiunge i costi di benzina per il suo scooter. Deliveroo prevede un rimborso di 18 centesimi al chilometro, ma la distanza macinata si calcola «in linea d’aria». Un parametro che si sposa male con le esigenze di un fattorino costretto a zig zag e scorciatoie per ridurre i tempi fra traffico, imprevisti e ansia. «Il risultato è che mi vengono coperti, sì e no, il 40-50% dei costi di carburante». Entrambi i lavoratori raccontano che il pressing psicologico esiste, anche solo sotto forma del «senso di colpa» scaricato sulle spalle dei rider quando si defilano in extremis per un incarico. Non è il massimo dare forfait all’ultimo, ma in fondo non si parla di rapporti di collaborazione allo stato puro? A parlare è di nuovo Samuele: «Dovrebbe, ma di fatto quando ti sfili da una consegna ti abbassano il punteggio. E c'è il rischio che alla fine ti slogghino, cioè non ti facciano più lavorare con loro». Il termine è proprio quello, «sloggare», come se il rapporto di lavoro dipendesse da quante volte si entra o esce da una app. In fondo, per sostituirli, basta una notifica.
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