Avvocati, il palmario va fatturato
Si tratta della quota aggiuntiva di compenso, pattuita in sede di conferimento dell’incarico, connessa al risultato favorevole di una lite o alla complessità dell'attività affidata al professionista
Gli avvocati e i clienti, in sede di conferimento dell'incarico professionale legale, possono prevedere il cosiddetto palmario, ovverosia una quota aggiuntiva di compenso connessa al risultato favorevole di una lite o alla complessità dell'attività affidata al professionista. Si tratta in sostanza, a seconda delle ipotesi, di un premio o di un emolumento straordinario.
In ogni caso, comunque, la sua natura è quella di compenso, in quanto tale, come precisato dalla Corte di cassazione (sezioni unite, 8 giugno 2023, n. 16252), soggetto quindi all'obbligo di fatturazione e a tutti gli obblighi fiscali connessi previsti dalla legge.
Anche quando riceve il palmario, l'avvocato deve pertanto emettere tempestiva fattura e riscuotere contestualmente il pagamento e deve farlo in ragione, innanzitutto, dell'articolo 21 del Dpr 633/1972 - il quale stabilisce che la fatturazione va fatta all'atto del pagamento del corrispettivo - e, poi, degli articoli 16 e 29 del codice deontologico - che impongono all'avvocato di provvedere agli adempimenti fiscali previsti dalla legge e di emettere la documentazione fiscale per ogni pagamento che riceve.
Proprio le norme deontologiche appena richiamate comportano che, se il legale non fattura il palmario, il suo comportamento assume rilevanza disciplinare. Alla base dell'obbligo di fatturazione, del resto, ci sono non soltanto ragioni di carattere fiscale, ma anche l'immagine e la credibilità di tutta la categoria forense e la necessità di preservare l'affidamento riposto dalla collettività nell'avvocato, che deve sempre apparire leale e corretto, in tutti gli ambiti.
In buona sostanza, secondo i giudici delle Sezioni unite, se in sede di conferimento del mandato difensivo le parti stabiliscono di riconoscere un compenso aggiuntivo al legale in caso di esito positivo della lite o in ragione della sua complessità, non è possibile parlare di regalia non soggetta a fatturazione.
Nel caso specifico sottoposto all'attenzione della Corte di cassazione, a deporre in tal senso, oltre alla specifica clausola contrattuale, vi erano la circostanza che l'importo concordato era stato corrisposto tramite bonifico bancario a seguito del deposito della sentenza di condanna della controparte e la deposizione della cliente che, in sede di testimonianza acquisita nel corso del procedimento disciplinare, aveva espressamente escluso che l'attribuzione patrimoniale aggiuntiva in favore del proprio avvocato fosse stata dettata da spirito di liberalità.