Contenzioso

Benefici contributivi per esposizione ad amianto, disciplina transitoria, trattamento pensionistico e decadenza

di Silvano Imbriaci

Con la sentenza n. 832 del 15 gennaio 2019, la Cassazione si sofferma diffusamente sul tema della decadenza in materia di domanda per la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto (art. 13, comma 8, legge n. 257/1992), alla luce dei vari interventi normativi che nel tempo hanno interessato la materia, con effetti di una certa rilevanza anche in punto di ricostruzione della natura dell'istituto e, quindi, di assoggettabilità alla normativa sulla decadenza in materia di prestazioni previdenziali (art. 47, Dpr n. 639/1970).

La giurisprudenza, ormai in modo ormai univoco, applica l'istituto della decadenza anche alle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto, in quanto l'ampio riferimento contenuto nell'art. 47 cit. alle controversie in materia di trattamenti pensionistici è idoneo a ricomprendere tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l'acquisizione del diritto a pensione o la determinazione della sua misura. È anche vero, però, che la domanda di accertamento della maggiorazione contributiva di cui trattasi riguarda il diritto ad un beneficio diverso dal diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, in quanto si tratta di una maggiorazione dotata di una sua specifica autonomia, con presupposti propri e distinti e con effetti sul monte contributivo individuale, anche se naturalmente finalizzata al conseguimento di un trattamento pensionistico o di un miglioramento dello stesso.

Ecco allora che si materializza, agli occhi della Corte, una contraddizione la quale, come vedremo, sarà ritenuta solo apparente. Da una parte la giurisprudenza nega l'attribuzione di natura autonoma al beneficio, ritenendolo coincidente con il diritto a pensione, nella valutazione del regime transitorio (vedi infra); dall'altra, in ordine all'applicazione degli istituti della prescrizione e della decadenza, ne viene esaltata la natura autonoma e svincolata dal diritto a pensione. Che natura ha, dunque, effettivamente questo beneficio? Lo sviluppo della normativa aiuta a fare chiarezza. La legge n. 326/2003, di conversione del Dl n. 269/2003, all'art. 47 aggiunge il comma 6 bis che, trattando del regime transitorio tra vecchia e nuova disciplina, fa salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici derivanti dalla maggiorazione contributiva; la successiva legge n. 350/2003, all'art. 3, comma 132, stabilisce altresì che in favore dei lavoratori che abbiano già maturato alla data del 3 ottobre 2003 il diritto al conseguimento dei benefici contributivi di cui trattasi (secondo la giurisprudenza: diritto a pensione, riconoscimento della maggiorazione in via amministrativa e/o giudiziaria, avvio di un procedimento amministrativo e/o giudiziario), o abbiano avanzato domanda all'Inail, si applicano le disposizioni previgenti. Dunque, la vecchia disciplina si applica a coloro che abbiano maturato il diritto a pensione alla data del 2 ottobre 2003. Questo specifico riferimento al diritto a pensione si giustifica, secondo la Corte, per la diversità strutturale della disciplina prima e dopo il 2003. Da tale data, infatti, il beneficio non vale più al fine di raggiungere l'anzianità contributiva ma è attribuito a coloro che abbiano maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di calcolo, solo al fine della misura della pensione, con riduzione del coefficiente da 1,50 a 1,25. Mentre il comma 6 bis fa riferimento al diritto al trattamento pensionistico, l'art. 3, comma 132, della legge n. 350/2003 fa riferimento al diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla legge n. 257/1992.

Da tutto questo la Sezione lavoro ricava il principio per cui l'affermazione della natura non autonoma del diritto al beneficio contributivo da esposizione all'amianto è riferita esclusivamente alla fisionomia strutturale e funzionale del beneficio originariamente previsto dall'art. 13 cit., nell'ottica della disciplina transitoria volta a creare un'area di salvezza nel passaggio alla nuova disciplina della maggiorazione contributiva. Insomma, è proprio la natura della vecchia disciplina della maggiorazione contributiva che in sé comporta il riferimento al trattamento pensionistico, in quanto il legislatore nel 1992 aveva concepito tale maggiorazione come una misura finalizzata ad agevolare il diritto alla pensione attraverso l'incremento della base contributiva, il che non è più nella diversa ottica (e quindi natura) in cui inquadrare il beneficio dopo le modifiche del 2003. Dunque, il riferimento alla natura non autonoma del beneficio rispetto al diritto a pensione non costituisce un'affermazione logicamente necessaria nell'interpretazione della disciplina transitoria di cui trattasi e, in ogni caso, deve intendersi come limitato al beneficio contributivo originariamente inteso dall'art. 13 cit.; in altre parole non costituisce vicenda in grado di mutare la natura della maggiorazione contributiva introdotta nel 2003, con la conseguente applicabilità de plano degli istituti della decadenza e della prescrizione.

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