Rapporti di lavoro

Cessione di ramo d’azienda: Ccnl e mansioni variabili

Nei trasferimenti di impresa i rapporti di lavoro con la cedente continuano con la cessionaria . Compreso nel blocco dei licenziamenti anche il recesso in occasione della cessione

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di Monica Lambrou

La normativa emergenziale introdotta per far fronte agli effetti della pandemia, finora, ha compreso nel divieto di licenziamento anche il recesso in occasione della cessione d’azienda o di un suo ramo. Pertanto, finché sarà applicato, per alcune categorie di imprese, il blocco dei licenziamenti (ad esempio per le imprese dei servizi che usano ammortizzatori sociali “speciali”, fino al 31 ottobre, o per le imprese che usano ammortizzatori ordinari senza contributo addizionale, fino al 31 dicembre), sono consentiti i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, purché però non avvenga la cessione di un complesso di beni o di attività che possa configurare un trasferimento di azienda o un ramo di essa in base all’articolo 2112 del Codice civile.

Attenzione, poi, alle cessioni di ramo d’azienda utilizzate per aggirare il divieto di licenziamento. È bene che la cessione, se avviene, sia genuina, e non si traduca in un modo per “liberarsi” dal personale in eccesso. Tutto ciò per evitare futuri contenziosi, e la declaratoria di illegittimità della cessione stessa.

I rapporti proseguono

In base all’articolo 2112 del Codice civile, in caso di cessione di un ramo d’azienda, i rapporti di lavoro in corso proseguono senza soluzione di continuità con il datore cessionario. Ciò comporta, sul piano pratico, che il dipendente mantenga intatti tutti i diritti maturati sino a quel momento (Tfr, eventuali ratei di tredicesime o quattordicesime mensilità, ferie non godute) che resteranno a sua disposizione finché il rapporto con il nuovo datore non giungerà a conclusione.

La cessione, di per sé, non costituisce una valida causa di licenziamento: esso può verificarsi solo se ricorrono le circostanze che di norma lo giustificano e che non possono trovare il proprio fondamento nell’avvenuta cessione.

Il passaggio da un rapporto di lavoro all’altro, tuttavia, deve seguire una regolamentazione specifica e, sebbene il cessionario di ramo d’azienda abbia l’obbligo di rispettare e tenere in vita la collaborazione con i dipendenti del cedente, vi sono alcuni casi in cui questi risulta liberato dall’obbligo.

Può cambiare il Ccnl

Secondo la normativa di riferimento, il nuovo datore deve applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali vigenti alla data del trasferimento e sino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. In questo senso, è stato chiarito che la contrattazione collettiva dell’impresa cedente è sostituita immediatamente e totalmente da quella applicata nell’impresa cessionaria, anche se più sfavorevole, fermo restando i diritti acquisiti, l’inapplicabilità retroattiva di norme contrattuali non vigenti nel periodo pregresso e l’irrilevanza dell’anzianità maturata dai lavoratori presso l’impresa cedente.

Per prassi, e per evitare possibili conflitti interni, la materia della disciplina collettiva applicabile è oggetto di accordi sindacali ad hoc (i cosiddetti accordi di armonizzazione), con i quali si definiscono tempi, modalità e contenuti della transizione.

Possono cambiare le mansioni

Laddove il nuovo datore di lavoro dovesse decidere di procedere con il licenziamento del personale proveniente dall’avvenuta cessione, quest’ultimo deve dare prova di aver tentato ogni azione per scongiurare la conclusione del rapporto di lavoro, inclusa l’adibizione del lavoratore a mansioni inferiori (fermo restando il livello di retribuzione originariamente previsto).

In base alle mansioni previste nella nuova società, e alle necessità di organizzazione aziendale della stessa, quest’ultima potrà assegnare ai nuovi dipendenti compiti anche inferiori rispetto alle loro capacità e professionalità: in questi casi, il mutamento che ne derivi è comunicato per iscritto a pena di nullità, e l’eventuale mancata accettazione da parte del lavoratore potrebbe giustificarne il licenziamento.

Le pronunce

Cassazione, sez. lavoro, sent. 32070 del 9 dicembre 2019

Cassazione, sez. lavoro, sentenza 5998 del 28 febbraio 2019

Cassazione, sent. 22826 del 28 ottobre 2014

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