Agevolazioni

Colf e badanti sono esclusi (anche dal taglio al cuneo)

I lavoratori domestici sono esplicitamente esclusi sia dal bonus «Neet», sia dal taglio al cuneo fiscale. Nella versione finale del Dl 48/2023 è venuta meno la norma che aumentava a 3mila euro la deducibilità dei contributi versati per gli assistenti familiari

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di Valentina Melis

Colf, badanti e baby sitter non sono inclusi fra i lavoratori che possono essere assunti con il nuovo bonus «Neet». Li esclude esplicitamente il decreto Lavoro (Dl 48/2023), che all’articolo 27 recita: «L’incentivo non si applica ai rapporti di lavoro domestico».

Gli stessi lavoratori sono esclusi dal nuovo taglio del cuneo fiscale che scatta il 1° luglio 2023: in questo caso li metteva fuori gioco la norma di due anni fa che ha cominciato a ridurre la quota dei contributi a carico dei lavoratori, e che è stata poi prorogata e potenziata due volte, per arrivare al taglio attuale di 6 o 7 punti percentuali in base al reddito del lavoratore (si tratta della legge 234/2021, articolo 1, comma 121, che applica la riduzione contributiva «per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico»).

L’ultima esclusione riguarda invece le famiglie che hanno al proprio servizio colf, badanti e baby sitter: non avranno alcun aumento, per ora, della soglia di deducibilità dei contributi versati. Nelle versioni del Dl Lavoro circolate dai primi di aprile fino ai giorni immediatamente precedenti il Consiglio dei ministri del 1° maggio, compariva infatti un articolo ad hoc che portava dai vecchi tre milioni di lire (oggi 1.549,37 euro) a 3mila euro la deducibilità dei contributi per i domestici da far valere nella dichiarazione dei redditi. Nel Dl 48/2023 pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale» del 4 maggio e attualmente in vigore non c’è più traccia di questa disposizione. Dunque, i contributi versati per gli assistenti familiari restano deducibili solo fino all’importo di 1.549,37 euro.

L’impatto dell’inflazione

Tre esclusioni che pesano, in un periodo nel quale l’aumento dei prezzi mette già alla prova la capacità di spesa delle famiglie, e ha determinato - per l’adeguamento all’inflazione delle paghe previsto dal Ccnl dei domestici - un aumento dei minimi retributivi del 9,2% a partire da gennaio 2023.

In nero il 52,3% degli addetti

Il comparto domestico è uno di quelli a più forte incidenza di lavoro nero, e nel quale gli incentivi economici potrebbero dare una spinta all’impiego regolare. Secondo il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso messo a punto dal Governo per il triennio 2023-2025, i lavoratori domestici rappresentano oltre un quarto dei circa tre milioni di lavoratori impiegati in nero in Italia: 781mila persone, per un tasso di irregolarità nel comparto del 52,3 per cento.

Colf, badanti e baby sitter iscritti all’Inps e per i quali le famiglie versano i contributi sono 961.358, ma ce ne sarebbero dunque quasi altrettanti che lavorano senza essere noti all’Inps e senza versare l’Irpef sui redditi ottenuti con il proprio lavoro.

«L’aumento della soglia di deducibilità dei contributi per i lavoratori domestici - spiega Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, associazione nazionale dei datori di lavoro domestico - secondo i nostri calcoli comporterebbe una spesa aggiuntiva per lo Stato di 13,1 milioni di euro, per questo scopo, rispetto alla spesa annuale di oggi. E comunque, la strada da seguire per noi è quella della deducibilità totale dei costi retributivi e contributivi a carico delle famiglie, perché il lavoro degli assistenti familiari ha a che fare con il sostegno della natalità e con la questione della non autosufficienza».

Quanto all’esclusione del comparto dall’incentivo alle assunzioni dei «Neet» previste dal Dl Lavoro, Zini aggiunge: «Sembra che i datori di lavoro domestico al momento non siano esplicitamente esclusi soltanto dall’incentivo contributivo per assumere i percettori dell’Assegno di inclusione». Il riferimento è allo sgravio per un anno del 100% dei contributi per i contratti a tempo indeterminato e del 50% per i contratti a termine previsto per i datori di lavoro privati che assumeranno i percettori del sussidio anti-povertà, istituito a partire dal 1° gennaio 2024.

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