Crediti previdenziali, contro l’iscrizione a ruolo va fatta causa all’Inps
Le Sezioni unite civili della Cassazione, con la sentenza 7514/2022, hanno fissato il principio secondo cui non sussiste litisconsorzio necessario tra la parte che impugna la cartella per contributi previdenziali arretrati, l'ente impositore (nella specie l'Inps) e il concessionario della riscossione. La parte che introduce il giudizio deve radicarlo nei confronti del soggetto legittimato (passivo), quale titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio.
Le Sezioni Unite hanno così risolto un contrasto sorto da alcuni anni nella giurisprudenza di Legittimità.
Un primo orientamento aveva rilevato un difetto di contraddittorio qualora la parte non avesse convenuto in giudizio oltre che l'ente impositore anche il concessionario, essendo quest'ultimo litisconsorte necessario anche per le conseguenze che un accoglimento dell'opposizione avrebbe potuto avere nei rapporti con l'ente creditore (Cass. 12385/2013).Un orientamento più recente, partendo dal presupposto della specificità della riscossione dei crediti previdenziali, offriva un'interpretazione differente (si veda, tra le altre, Cass. 16425/2019).Questo secondo filone interpretativo partiva dall'interpretazione sistematica degli articoli 24 e seguenti del Dlgs 46/1999 per giungere alla conclusione che, trattandosi di norme introdotte in un provvedimento di legge rivolto essenzialmente alla (migliore) riscossione dei tributi, il litisconsorte necessario era l'ente impositore e non anche il concessionario che intrattiene un rapporto con l'ente stesso di mera esazione, senza alcun accertamento preventivo dell'esistenza (della natura) e della quantità del credito affidatogli per il recupero. Con la conseguenza che, in caso di contenzioso, l'assenza in giudizio del Concessionario non è causa di nullità della sentenza di primo e/o secondo grado.
Nel risolvere il contrasto, le Sezioni Unite dell'8 marzo scorso – limitatamente al processo riguardante le opposizioni alle iscrizioni a ruolo dei crediti previdenziali e le opposizioni concernenti l'accertamento negativo del debito per fatti successivi all'iscrizione a ruolo – hanno escluso che la norma scrutinata fosse stata implicitamente superata dall'articolo 39 del Dlgs 112/1999.La legittimazione passiva (sia processuale, sia sostanziale) resta dunque regolata dall'articolo 24, il quale, secondo le Sezioni Unite, è alla base dell'affermazione secondo cui la legittimazione a contraddire compete esclusivamente all'ente impositore, avendo l'azione ad oggetto la sussistenza del debito contributivo iscritto a ruolo, cioè il merito della pretesa contributiva, rispetto al quale il concessionario, vale a dire l'agente di riscossione, resta estraneo. Con la conseguenza che la sentenza deve ritenersi «utiliter data» anche senza la partecipazione dell'agente della riscossione autorizzato dalla legge (solo) a ricevere il pagamento e non anche a contraddire il merito della pretesa.
Ci sembra opportuno precisare che l'indirizzo qui sintetizzato appare condivisibile e in linea anche con l'indirizzo giurisprudenziale, anche a Sezioni Unite, che si è registrato in materia tributaria: l'articolo 39 del Dlgs 112/1999, nel caso di impugnazione della cartella esattoriale per omessa notifica dell'atto presupposto, stabilisce che la legittimazione passiva appartiene all'ente titolare del credito tributario, non avendo alcuna rilevanza il concessionario, il quale, se citato in giudizio, ha l'onere di chiamare in giudizio l'ente senza che il giudice debba integrare il contraddittorio (Sezioni Unite 16412/2007).Da quanto innanzi si può affermare che nell'ambito della riscossione coattiva della Pa è stato definitivamente affermato che non c'è un rapporto «trilaterale» tra contribuente, agente della riscossione ed ente impositore, ma due distinti rapporti intrattenuti autonomamente da quest'ultimo: uno con il contribuente soggetto a determinate regole anche processuali e l'altro con l'esattore sottoposto ad altre regole.