Dopo i voucher, deroghe all’intermittente
Con l’abrogazione dei voucher, i mini job possono essere regolamentati attraverso un contratto di prossimità. È questa un’alternativa valida consentita dall’articolo 8 della legge 148/2011 rispetto ai tradizionali contratti presenti nell’ordinamento, che in diversi casi non soddisfano le esigenze aziendali, anche di semplificazione.
Il decreto legge 25/2017, abrogando i voucher integralmente, ha fatto emergere ancora più prepotentemente l’importanza di una disciplina che regolamenti prestazioni di breve durata. Sono attività di varia natura, ma che hanno la caratteristica di essere svolte per un periodo molto breve e soprattutto può capitare che lo stesso lavoratore possa trovare occupazione in una pluralità di eventi.
Qualora gli strumenti contrattuali presenti nel Dlgs 81/2015 non siano idonei (per diversi motivi) a risolvere il problema di inquadramento contrattuale di questa categoria di lavoratori, allora la risposta è nel contratto di prossimità, ossia in una intesa raggiunta tra azienda e sindacato comparativamente più rappresentativo che, a determinate condizioni, ha la forza di derogare anche la legge.
Questo strumento nasce proprio per poter adattare la disciplina regolatoria di determinati istituti normativi alle esigenze dell’azienda. Sul piano tecnico il riferimento normativo per la creazione di una disciplina “personalizzata” è l’articolo 8, comma 2, lettera c) della legge 148/2011 laddove si stabilisce che le parti possono sottoscrivere un’intesa per regolamentare «contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile», nonché alla successiva lettera e) laddove è consentita la regolamentazione delle «modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro».
Pertanto l’impresa e le organizzazioni sindacali potrebbero agire in due modi: modificando le regole dei contratti vigenti adattandoli alle esigenze aziendali, oppure realizzando una regolamentazione specifica ex novo per i mini job.
Nel primo caso le parti potrebbero, ad esempio, rimuovere i limiti anagrafici individuati dalla legge sul contratto a chiamata. Oppure potrebbero riscrivere le regole della definizione di occasionalità dello stesso contratto (oggi fissato al massimo in 400 giornate in tre anni). Questa soluzione ha il pregio di introdurre in azienda una maggiore flessibilità normativa a fronte di una maggiore occupazione. Resta fermo che al lavoratore assunto, a parte l’intermittenza, si applicherebbero le normali regole economiche normative di un lavoro subordinato.
Una soluzione diversa potrebbe essere rappresentata dalla regolazione di una disciplina ad hoc, ossia individuare una disciplina contrattuale nei suoi contenuti economici e normativi. Quindi si potrebbe stabilire che i mini job siano avviati con un contratto di lavoro subordinato, con modalità di assunzione semplificate (ad esempio, nei contenuti del contratto e delle informazioni da richiedere); si potrebbe prevedere uno specifico inquadramento professionale e, tenuto conto della particolarità, il relativo trattamento economico anche in linea con quanto era stabilito con il voucher.
D’altronde non si tratterebbe di una vera e propria novità, in quanto già alcuni Ccnl hanno disciplinato forme sperimentali di contratti (ad esempio, il commercio con il contratto di sostegno al reddito). Resta ferma la necessità di rispettare la cornice costituzionale e l’impossibilità di regolare la disciplina previdenziale e assicurativa.