L’asilo nido diventa servizio essenziale
La manovra 2022 stanzia 1,2 miliardi aggiuntivi per i Comuni e inserisce l’asilo tra le prestazioni da garantire su base territoriale e non a domanda dei cittadini. Sbloccati altri 3 miliardi del Pnrr per costruire nuove strutture
Era il 2002 quando il Consiglio europeo di Barcellona fissava al 33% la copertura dei posti negli asili nido per i bambini con meno di 3 anni che tutti gli Stati membri avrebbero dovuto assicurare entro la fine del decennio. A sostegno della conciliazione tra vita familiare e lavorativa e della maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In realtà, di decenni ne sono trascorsi quasi due e l’Italia è ancora al di sotto di quella soglia. Specialmente nel Mezzogiorno.
Una disparità nella disparità che il governo Draghi punta a eliminare entro il 2027. Da un lato, grazie ai 4,6 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (3 dei quali sbloccati proprio nei giorni scorsi), dall’altro grazie al cambio di prospettiva (con annesso rifinanziamento ai Comuni) affidato alla legge di bilancio 2022.
Le novità in manovra
Il salto in avanti che il Ddl di bilancio 2022 prova a fare sul servizio di asili nido è affidato a due mosse: portarlo tra le prestazioni essenziali, con livelli definiti (Lep), che dunque devono essere garantiti su base territoriale, mentre finora è sempre stato considerato a “domanda individuale”, e cioè erogato dai municipi in funzione delle richieste e delle risorse disponibili; finanziare i Comuni per questo cambiamento di rotta, con 1,275 miliardi aggiuntivi fino al 2026 e 800 milioni all’anno in più dal 2027 in poi. Entro quella data bisognerà arrivare al 33% di copertura lungo tutto la Penisola.
L’Italia ci arriva con 13.834 servizi per la prima infanzia, che offrono 361.318 posti, il 50% in strutture pubbliche (ultimi dati Istat disponibili). Questa offerta comprende nidi d’infanzia (78,8%), sezioni primavera delle scuole dell’infanzia (12,6%) e servizi integrativi per la prima infanzia (8,6%). Il tutto arriva a una copertura del 26,9% dei bambini sotto i tre anni, su base nazionale. Nell’anno scolastico precedente (2018-2019) la copertura era del 25,5%, ma il miglioramento è dovuto (purtroppo) anche al calo delle nascite.
Restano forti divari territoriali, con il Nord-est e il Centro Italia che arrivano a una copertura rispettivamente del 34,5% e del 35,3%, e il Sud e le Isole a livelli ben lontani dal target europeo (e ora italiano), con una copertura del 14,5 e del 15,7 per cento. Il divario, peraltro, è anche fra le grandi città e le altre zone. Se si guarda alle aree metropolitane, ad esempio, come rivelail grafico pubblicato in pagina, si scopre che i posti educativi per la prima infanzia sono spesso sufficienti nel centro ma scarseggiano in periferia: a Roma ad esempio, la copertura è del 47,1% nelle zone centrali, ma si dimezza al 23,6% nel resto dell’area metropolitana.
Ora i Comuni dovranno raggiungere il target fissato per step, dando priorità ai bacini territoriali più svantaggiati, e con un livello intermedio di copertura fissato al 28,88%, valido fino a quando anche tutti i Comuni svantaggiati non avranno raggiunto «un pari livello di prestazioni», come si legge all’articolo 44 del Ddl di Bilancio.
I fondi stanziati in manovra serviranno a coprire le spese di gestione delle strutture, anche con l’assunzione del personale necessario: questo è uno dei maggiori problemi segnalati dai sindaci negli anni scorsi, perché la costruzione di nuovi nidi richiede anche le risorse necessarie per garantirne il mantenimento.
L’aiuto del Pnrr
In soccorso sulla parte infrastutturale (intesa come la costruzione dei nuovi edifici) giunge anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza che stanzia, fino al 2026, 4,6 miliardi complessivi. Fondi che serviranno a creare 228mila nuovi posti per i bambini da zero a sei anni. Dopo i 700 milioni dei mesi scorsi, è arrivata - con il bando da tre miliardi firmato dal ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi - anche la seconda tranche. Di questi tre miliardi, 2,4 vanno ai nidi (con una quota vincolata per il Sud del 55%) e 0,6 all’infanzia (il 40% al Mezzogiorno). Della dote complessiva del Pnrr mancano solo i 900 milioni per le spese di gestione che arriveranno tra il 2024 e il 2025.
La copertura delle grandi città