Welfare

In arrivo il codice per favorire la maternità nelle imprese

Il ministro Roccella annuncia regole condivise con le aziende per non penalizzare le madri

di Marzio Bartoloni

Quasi nove dimissioni su dieci per le donne sono legate alla maternità. Davvero troppe per un Paese alle prese con un inverno demografico che in meno di 15 anni ha registrato quasi 180mila nascite in meno:  ecco perché dopo il potenziamento dell’assegno unico il Governo sta lavorando a un Codice deontologico da condividere con aziende e parti sociali per favorire la natalità nelle imprese. Un Codice di autodisciplina - da affiancare alle certificazioni per la parità di genere - a cui le aziende potranno adeguarsi volontariamente e che punta su tre principi cardine: innanzitutto quello di  agevolare la continuità di carriera delle madri che lavorano; poi di promuovere la cura dei bisogni di salute delle donne; infine di incentivare tempi e modi di lavoro più vicini alle esigenze di chi ha figli, inclusi smart working, partime e nidi.

Ad annunciare il suo arrivo è stata ieri Eugenia Roccella, ministro della Famiglia e delle Pari opportunità, durante l’evento «Per una primavera demografica. Quali politiche per la natalità», organizzato da Farmindustria a Roma. Il codice, ha spiegato Roccella, è un «nuovo strumento a disposizione delle aziende che vorranno adottarlo» e ha lo scopo di «promuovere l’adozione di politiche volte al favorire la maternità» perché «se non c’è un impegno collettivo a venire fuori da questo inverno demografico - ha aggiunto il ministro - non riusciremo a invertire il trend». In particolare il Codice punterà a favorire l’introduzione di aiuti e sostegni soprattutto nei primi mille giorni di vita del neonato: per assicurare la continuità di carriera delle madri oltre a eliminare ogni discriminazione sugli stipendi (il cosiddetto gender pay gap) si punta a riconoscere il diritto alla «continua informazione» sull’evoluzione dell’attività lavorativa durante i periodi di congedo e alla «formazione mirata e sostegno al benessere psico-fisico» nella fase del rientro al lavoro. Sul fronte dei «bisogni di salute» il codice punterà a sostenere campagne di prevenzione, vaccinazione, ma anche di screening periodici e pacchetti check up dedicati alla maternità. Infine sul terzo principio - l’«adattamento di tempi e modi di lavoro» - si chiederà di favorire congedi e aspettative, ma anche flessibilità di orari, part-time, smart working, asili nido traghettando le imprese da un concetto di valutazione del lavoro basato sul «vincolo spazio-temporale» a quello dei risultati («obiettivi della prestazione»).

Il mondo delle imprese non parte certo da zero. Anzi non mancano punte di vera e propria eccellenza nel sostegno alla natalità, come quelle della filiera industriale del farmaco: «Le imprese farmaceutiche sono amiche della maternità», avverte il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani. Che ricorda come le aziende del settore «valorizzano le persone e le loro capacità, creano risultati economici e un clima aziendale migliore» e poi «rappresentano una best practice, grazie a relazioni industriali moderne e un welfare di avanguardia». «Non è un caso quindi - continua il presidente di Farmindustria - che nel settore, dove ci sono sempre più imprese che si stanno certificando per la parità di genere, si registra un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale».

La ragione principale di questo successo è forse nel modello di welfare raccontato ieri a Roma con diversi esempi aziendali. Quello scelto dalle imprese farmaceutiche prevede misure per la genitorialità e la conciliazione vita-lavoro, soprattutto per le donne. Previdenza e sanità integrativa arrivano al 100% dei dipendenti. Per il 73% esistono forme di flessibilità oraria, come part-time e smart working. In molti casi sono presenti asili nido o convenzioni e altri servizi di forte impatto come lavanderie, take away, calzolerie. Il 43% può contare su servizi di assistenza per familiari anziani o non autosufficienti. I congedi retribuiti sono poi del 36% superiori alla media dell’industria per le donne e del 31% per gli uomini.

Un clima favorevole alla maternità, questo, che si riverbera anche sulla carriera come dimostra il fatto che le donne nelle imprese farmaceutiche rappresentano il 44% di tutto il personale - il 47% tra gli under 35 -con l’occupazione femminile cresciuta del 15% dal 2016 al 2022. In Italia poi il 40% del fatturato del settore farmaceutico è prodotto da aziende guidate da donne:  imprenditrici, manager di imprese piccole e medie o leader di multinazionali. Tutto questo, ha concluso Cattani, è merito anche di una visione che è propria dell’industria farmaceutica: «Oggi seminiamo con la ricerca di base per raccogliere i frutti domani. Per costituzione siamo proiettati al futuro, questa visione è nel nostro dna».

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