Rapporti di lavoro

In busta paga dei lavoratori fino a 700 euro in più nel 2023

La bozza della legge di Bilancio proroga l’esonero contributivo del 2% e lo innalza al 3% per i redditi più bassi

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

In sostanziale continuità con quanto realizzato dal precedente Esecutivo, anche l’attuale Governo nella bozza di legge di bilancio recentemente diffusa ma non ancora definitiva conferma, per il prossimo anno, il taglio del cuneo fiscale (articolo 52).

Ne potranno beneficiare in misura pari al 2% i lavoratori dipendenti con una retribuzione imponibile previdenziale mensile entro la soglia di 2.692 euro.

Leggermente più sensibile la riduzione in favore dei lavoratori che percepiranno una retribuzione imponibile previdenziale non superiore a 1.538 euro mensili, i quali potranno contare su un abbattimento del 3 per cento.

In entrambi i casi la retribuzione di riferimento può essere maggiorata, a dicembre, dell’ammontare della tredicesima oppure dei ratei se la mensilità supplementare è pagata ogni mese.

In estrema sintesi, a titolo statistico, considerando i limiti massimi di operatività della norma, i primi usufruiranno di un taglio complessivo annuo di 700 euro [(euro 2.692X13)X2%]. I secondi, invece, si ritroveranno in busta un maggiore importo pari a 600 euro [(euro 1.538X13)X3%].

In entrambi i casi, pur in presenza di una diminuzione della contribuzione Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti) da versare all’Inps, gli esoneri non incideranno sul rendimento pensionistico in quanto la differenza sarà finanziata dallo Stato. Per la copertura della misura, che non riveste carattere strutturale ma è limitata al 2023 (periodi da gennaio a dicembre), sono stanziati circa 4,2 miliardi.

Va rilevato che, avendo scelto di mantenere la medesima struttura precedente, l’Esecutivo ha ignorato completamente le riflessioni svolte dagli operatori del settore, molte di esse riportate sulle pagine di questo quotidiano. Si sarebbe potuto approfittare della rivisitazione normativa per modificare alcune lapalissiane incongruenze. In entrambi i casi, come anticipato, la retribuzione di riferimento per verificare la spettanza dell’esonero è l’imponibile previdenziale del mese.

Questa logica ha generato - e continuerà a farlo - delle anomalie. Si pensi, per esempio, a un lavoratore che percepisce di norma una retribuzione lorda di 3mila euro mensili, il quale si ammala in alcuni periodi. La sua retribuzione imponibile potrebbe scendere sotto la soglia limite rendendolo beneficiario della riduzione anche se, parallelamente, egli percepisce l’indennità di malattia che, come noto, non sconta contribuzione. Ora il paradosso diviene anche più evidente in quanto, se la retribuzione del lavoratore in esempio dovesse collocarsi fino a 1.538 euro, in quei periodi egli avrebbe addirittura diritto all’esonero massimo del 3% (anche se la sua normale retribuzione è di livello superiore).

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