Iscrizione a ruolo e pendenza dei termini per il ricorso amministrativo
La pronuncia della Cassazione sez. Lav. 3 giugno 2022, n. 17971, riguarda il recupero dei crediti contributivi attraverso il meccanismo dell'iscrizione a ruolo e notifica della cartella di pagamento, ma i principi in essa contenuti si possono tranquillamente adattare anche all'avviso di addebito INPS, quale strumento introdotto dall'art. 30 del D.L. n. 78/10, conv. in L. n. 122/10, finalizzato al potenziamento dei processi di riscossione dell'INPS: a decorrere dal 1.1.2011 l'attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all'Inps, anche a seguito di accertamenti degli uffici, è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. Il caso è quello di un accoglimento parziale di un'opposizione a cartella di pagamento, e della successiva doglianza del datore di lavoro che aveva contestato il mancato annullamento del ruolo da parte del giudice di primo grado e il conteggio degli oneri di riscossione. In sede di impugnazione il giudice di merito dichiara l'irregolarità formale del ruolo e della cartella, ritenendo indebiti gli oneri connessi all'atto annullato e condannando parte privata al pagamento della contribuzione accertata in primo grado nel minor importo e alle somme aggiuntive di legge, applicando il principio per cui in presenza di una riduzione dell'importo doveva considerarsi nullo il ruolo e nulla l'intera cartella. Tuttavia, la questione di cui si occupa la pronuncia della Cassazione riguarda una motivazione diversa alla base della nullità dell'iscrizione a ruolo: il fatto che l'iscrizione era avvenuta in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso amministrativo.
Tale elemento avrebbe dovuto azzerare l'aggio al concessionario. Il problema allora si sposta sui meccanismi che inibiscono l'iscrizione a ruolo (e anche la notifica di avviso di addebito), in presenza di contestazioni del credito. L'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 prevede infatti due diverse situazioni:
a) l'impugnazione dell'accertamento di fronte all'autorità giudiziaria e in tal caso l'iscrizione è ammessa solo in presenza di un provvedimento esecutivo del giudice;
b) la presenza di un ricorso amministrativo avverso l'accertamento posto alla base dell'iscrizione.
In questo caso l'iscrizione può avvenire solo dopo la decisione del competente organo amministrativo.
E allora, sulla base di queste regole, è legittima l'azione di riscossione intrapresa con l'iscrizione a ruolo del credito nel caso in cui l'iscrizione avvenga nella pendenza del termine per la proposizione del ricorso amministrativo?
In via generale, la riscossione dei crediti contributivi previdenziali mediante iscrizione a ruolo o notifica di avviso di addebito non è necessariamente fondata su un atto di accertamento giudiziale o amministrativo, in quanto l'ordinamento attribuisce all'ente previdenziale il potere di formare in via unilaterale un titolo esecutivo (c.d., non a caso, titolo stragiudiziale). L'esercizio di questo potere può essere limitato, attesa la sua finalità pubblicistica, solo in presenza di ipotesi tipiche non interpretabili in modo estensivo. Dunque, la mera pendenza dei termini per la proposizione del ricorso amministrativo avverso l'atto accertativo, di per sé, non inibisce l'attivazione del procedimento di formazione del titolo stragiudiziale. In altri termini, l'ente non deve attendere il decorso dei tempi utili ad instaurare il ricorso in via amministrativa prima di iscrivere a ruolo o formare l'avviso di addebito. La Corte Costituzionale legittima questa interpretazione, in quanto rileva che il procedimento di formazione del titolo stragiudiziale non comprime la possibilità per il debitore di promuovere entro un termine adeguato comunque un procedimento di contestazione della pretesa contributiva, potendo chiedere in sede giudiziale anche la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo per evitare la diretta aggressione al proprio patrimonio. In questo senso una valida sponda al contribuente è data dalla ripartizione degli oneri probatori. Sia che si trovi in sede di opposizione ad avviso di addebito e/o iscrizione a ruolo, sia che si trovi nell'ambito di un giudizio di accertamento negativo, l'onere della prova sulla fondatezza della pretesa contributiva attiva è a carico dell'INPS, che dovrà dimostrare gli elementi alla base delle proprie rivendicazioni e richieste.
Naturalmente, ove il debitore intenda contestare la mancata applicazione di sgravi contributivi o particolari benefici premiali in sede di obblighi contributivi, tale regola non sarà applicabile, essendo onere del datore di lavoro provare gli elementi alla base della propria pretesa di applicazione di un risparmio di contribuzione.