Rapporti di lavoro

Jobs act autonomi, gli Ordini sollecitano l’equo compenso

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di Mauro Pizzin

Introduzione di una modalità di calcolo dell’equo compenso, apertura normativa alla società tra diverse figure di professionisti, possibilità ma non obbligo di implementare la regolamentazione dello smart working.

La nuova tornata delle audizioni in commissione Lavoro della Camera sul Jobs Act degli autonomi (ddl 4135) è stata caratterizzata da numerose proposte d’integrazione del testo normativo a partire da quella formula dal Comitato unitario degli ordini e collegi professionali ( Cup ), che per bocca di Marina Calderone - appena riconfermata all’unanimità alla presidenza dell’organismo per il terzo mandato consecutivo - ha insistito sul tema dell’equo compenso. «Un criterio ragionevole per stabilire in quale misura calcolare l’equo compenso - ha suggerito Calderone - potrebbe essere, ferma restando la discrezionalità del giudice nel valutare caso per caso le patologie del rapporto, il riferimento ai parametri giurisprudenziali vigenti».

Tra le osservazioni del Comitato unitario anche la valorizzazione del principio di sussidiarietà e del carattere di terzietà degli professionisti iscritti ad un albo nazionale, che secondo l’organismo rappresenta un tassello molto importante perché ribadisce quanto siano utili i professionisti nel rapporto con la pubblica amministrazione e nella tutela della fede pubblica.

Un altro suggerimento arrivato dal Cup - che ha giudicato i 22 articoli sotto esame come «un testo moderno e adatto alle esigenze attuali del mercato del lavoro» - riguarda il lavoro agile, alla cui regolamentazione è dedicata parte del disegno di legge. Su questo fronte il Cup ritiene utile l’introduzione di forme contrattuali di lavoro agile atipiche, anche in deroga alla disciplina generale di legge o della contrattazione collettiva, purché gli accordi individuali raggiunti dalle parti contraenti siano formalizzati presso le Commissioni di certificazione e con le garanzie di protezione previste dai procedimenti richiesti.

Secondo l’Associazione nazionale forense ( Anf ) il ddl 413 potrebbe soddisfare in parte le aspettative di un riordino e di un ammodernamento dell’organizzazione del lavoro dei professionisti autonomi. «Quanto alla professione forense in particolare - ha evidenziato il segretario generale dell’Anf, Luigi Pansini - la seconda lettura in parlamento del disegno di legge potrebbe consentire anche di affrontare definitivamente la questione dei giovani avvocati monocommittenti, il cui unico cliente è lo studio presso il quale lavorano, intervenendo con piccole ma significative modifiche sulle incompatibilità previste dalla legge professionale 247/12, prevedendo particolari tutele per questa nuova figura di avvocato e coinvolgendo l’ente di previdenza forense per le questioni previdenziali connesse».

Un altro punto che dovrebbe essere preso in esame, secondo l’Anf, riguarda la società le società tra avvocati e tra diverse figure di professionisti, «sebbene già previste - ha chiarito Pansini - in un ddl concorrenza arenato ormai da due anni in Parlamento».

Positivo anche la valutazione complessiva effettuata dall’ Ania , l’associazione nazionale che riunisce le imprese assicuratrici, che nel corso dell’audizione si è soffermata sul tema del lavoro agile,esprimendo soddisfazione per l’iniziativa legislativa tanto più in un momento fortemente caratterizzato dalla diffusione delle nuove tecnologie digitali. Per l’Ania l’utilizzo dello smart working secondo quanto previsto dall’articolo 16 del ddl non deve essere condizionato dalla tipologia dell’accordo con cui verrà posto in essere e dovrà, quindi, essere applicabile anche per i contratti a tempo determinato. La nuova normativa dovrebbe inoltre prevedere la possibilità (ma non l’obbligo) per i contratti collettivi di introdurre ulteriori previsioni finalizzate ad implementare la regolamentazione di legge sul lavoro agile.

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