L’equo compenso resta un rompicapo
La via stretta dell’equo compenso. Se da una parte si allunga la lista delle Regioni che intendono assicurare un onorario giusto a tutti i professionisti (Lazio e Molise stanno per aggiungersi a Puglia, Sicilia e Toscana), dall’altra continuano i tentativi da parte della Pa di non retribuirli adeguatamente.
Nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha emesso un bando per reclutare alte professionalità a titolo gratuito. E altrettanto recente è la decisione con cui il Consiglio di Stato ha dato ragione al comune di Catanzaro circa l’affidamento a costo zero di un incarico di progettazione per il quale era previsto solo il rimborso spese. Palazzo Spada ha ribaltato - per ora, però, si conosce solo il dispositivo e non le motivazioni - il verdetto emesso dal Tar Calabria, favorevole a riconoscere una giusta retribuzione al professionista.
Episodi che dimostrano la difficile vita dell’equo compenso, la regola introdotta dal Dl 148/2017 in prima battuta per tutelare gli avvocati e poi estesa a tutti i professionisti. La garanzia funziona nei confronti dei clienti con maggiore potere contrattuale (come banche, assicurazioni, grandi aziende), tenuti a prendere come riferimento i parametri fissati dai decreti ministeriali per ciascuna categoria, e anche verso gli affidamenti della pubblica amministrazione.
Il bando gratuito
Ma ad oltre un anno dall’introduzione delle nuove regole, la situazione continua a essere complicata, come dimostra il bando dell’Economia, su cui però il Governo ha in parte fatto retromarcia. Anche perché , in base al Dl 148 la Pa deve garantire il «principio dell’equo compenso». Immediata la presa di posizione del Cup (Comitato unitario permanente degli Ordini e Collegi professionali) e della Rete delle professioni tecniche, che ne hanno contestato l’impostazione.
Più in là si è spinto l’Ordine degli avvocati di Roma, che sta preparando un ricorso. «Impugneremo - spiega il presidente Antonino Galletti - la parte che prevede la gratuità dell’incarico. La giustificazione del ministero, che sostiene si tratti di una collaborazione istituzionale, non regge. Rapporti di quel tipo possono, infatti, instaurarsi nei confronti di un’istituzione come l’Ordine o l’università, non verso singoli professionisti».
Le Regioni
Aumentano invece le Regioni che intervengono a tutela dei professionisti. Negli stessi giorni del “reclutamento” a costo zero da parte dell’Economia, il Lazio ha approvato all’unanimità in commissione Lavoro la proposta di legge per riconoscere l’equo compenso a tutti i professionisti, comprese le professioni non organizzate. Ora la parola passa all’aula. Anche in Molise, il Consiglio regionale ha votato un atto di indirizzo che impegna la giunta a garantire l’applicazione di un giusto onorario.
Le Regioni si stanno muovendo su due fronti: alcune hanno puntato sul rispetto dei parametri ministeriali negli affdamenti degli incarichi effettuati dalle amministrazione regionali o dagli enti controllati, altre hanno invece subordinato il rilascio di autorizzazioni e nulla osta alla dimostrazione del pagamento da parte dei privati (e in alcuni casi anche da parte della Pa) . Il Ddl del Lazio contiene entrambe le misure.
Il bilancio
Con la norma sull’equo compenso è stato raggiunto un risultato importante, ma il lavoro non è finito. «Bisogna chiarire che la regola non vale solo per le convenzioni ma anche per i singoli incarichi», dice Vito Vannucci, membro del nucleo di monitoraggio costituito al Consiglio nazionale forense. «Alcune assicurazioni - continua Vannucci - disdicono infatti le convenzioni e puntano sugli incarichi singoli perché sostengono che in tal caso l’equo compenso non si applica».
«La regola deve riguardare tutti i committenti e non solo quelli forti - afferma Armando Zambrano, presidente dell’Ordine degli ingegneri e coordinatore della Rete delle professioni tecniche - e bisogna porre fine ai ribassi eccessivi nelle gare della Pa».
«Occorrono norme di dettaglio - commenta Marina Calderone, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro e del Cup - perché la regola nazionale è una disposizione di principio molto ampia. Purtroppo il caso del Mef non è isolato».
Più risoluto Giorgio Luchetta, consigliere nazionale dei dottori commercialisti, che auspica un ritorno alle tariffe. «Ho un cassetto pieno di segnalazioni. Non si può pensare che per far rispettare la propria dignità il professionista debba andare davanti al giudice. Io ho promosso due ricorsi contro amministrazioni provinciali che volevano retribuire un compito di revisione con 2mila euro, contro i 5mila calcolati secondo i parametri ministeriali. Però, mi è già costato 15mila euro di spese legali. Non tutti sono disposti a spendere quei soldi».