L’importanza della convenzione nella gestione della mensa diffusa
Nella risposta a Interpello n. 430 del 22 agosto 2022 l'agenzia delle Entrate ha affrontato una tematica di sicuro interesse rispetto alla configurazione, ai fini Iva, dei servizi di mensa per i lavoratori dipendenti gestiti attraverso applicazione digitale.
Su istanza relativa all'utilizzo di un app per il pagamento della mensa diffusa l'Agenzia afferma che per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa) occorre avere riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.
L'agenzia delle Entrate sottolinea come il quesito vada a interessare l'individuazione della corretta aliquota Iva da applicare al servizio, mentre non vengono offerte interpretazioni sui collegati concetti riferiti alle imposte dirette e alla detrazione della stessa imposta sul valore aggiunto.
Nonostante tale "disclaimer" è logico ragionare a 360 gradi sulla portata delle indicazioni previste dall'interpello e sulle conseguenze, su tutti i piani, che un servizio di mensa diffuso non conforme al dettato normativo possa provocare.
Nell'interpello l'Agenzia afferma di non rinvenire le peculiari modalità che caratterizzano il servizio di mensa diffusa nell'ipotesi, offerta dall'istante, di utilizzo dell'app come mero mezzo di pagamento delle prestazioni per conto del datore di lavoro.
L'interpello, non potendo ricondurre l'operazione nell'ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, afferma che non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'aliquota Iva agevolata al 4% e i ristoranti fattureranno alla società le consumazioni dei collaboratori applicando l'aliquota Iva del 10 per cento.
Il documento richiama ai fini della mensa diffusa la risoluzione 17 maggio 2005, n. 65/E che in riferimento alla card elettronica (di cui l'app potrebbe essere considerata un'evoluzione), evidenzia che le necessarie convenzioni devono prevedere clausole finalizzate a evitare un impiego improprio o fraudolento dell'app, come il suo utilizzo da parte del dipendente limitatamente a una sola prestazione giornaliera, nei giorni di effettiva presenza in servizio e nell'orario stabilito per la pausa pranzo.
L'applicazione analizzata pubblicizza il proprio servizio come metodo di pagamento e non prevede nelle proprie convenzioni gli elementi necessari alla definizione della mensa diffusa; nella sostanza, viene gestito un credito utilizzato dal dipendente per pagare la "consumazione" presso il ristorante convenzionato nel giorno e ora preferiti. Si rammenta che l'Agenzia era già intervenuta sull'argomento con la risposta a interpello n. 231 del 28 aprile 2022 in tema di servizio di mensa aziendale e servizio sostitutivo di mensa aziendale reso a mezzo dei buoni pasto.
La Tabella A, parte II, del Dpr 633 del 1972 al n.37) prevede l'applicazione dell'aliquota Iva del 4% per le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali e interaziendali, nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado, nonché nelle mense per indigenti anche se le somministrazioni sono eseguite sulla base di contratti di appalto o di apposite convenzioni. Ed è proprio nella convenzione che l'Agenzia ravvisa la problematica maggiore anche se l'articolo 75, comma 3, della Legge del 30 dicembre 1991, n. 413, ha stabilito che l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 4% deve ritenersi applicabile anche se le somministrazioni stesse sono rese in dipendenza di contratti, anche di appalto, aventi a oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale, sempreché siano commesse da datori di lavoro.
La Risoluzione delle Entrate n. 63 /E del 17 maggio 2005 ha specificato che anche gli esercizi pubblici possono essere qualificati come mense aziendali limitatamente alle prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande realizzate sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro con trattamento equiparato a quello della mensa aziendale, come chiarito nella Circolare del ministero delle Finanze n. 327/97.
L'impossibilità di qualificazione come mensa diffusa e come servizio sostitutivo di mensa, seppure non esplicitato nell'interpello (che ha proprio affermato di disinteressarsene), porta con sé un difficile inquadramento nell'esclusione dall'imponibilità fiscale del lavoratore previste dall'articolo 51, comma 2, lettera c., ma tale situazione deve però limitarsi alla casistica specifica relativa all'applicazione osservata che risulta carente delle caratteristiche previste per tale tipologia.
Viene infatti richiamata più volte dalle Entrate la modalità con la quale si propone il servizio come mezzo di pagamento, anche nel merito del convenzionamento, e non come modalità di utilizzo di un servizio di mensa diffusa; dobbiamo quindi necessariamente circoscrivere la portata dell'interpello alla modalità operativa esplicitata e non generalizzarla per quanto concerne le conclusioni raggiunte.