Contrattazione

Contratti a termine meno costosi e più semplici

Riunione tecnica al ministero del Lavoro in vista del decreto atteso a febbraio. Il ministro Calderone: «Causali legate alla contrattazione». Durigon: «Cancelleremo le addizionali, ma resta nodo risorse»

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Sui contratti a tempo determinato il governo Meloni è orientato a superare le rigide causali legali introdotte dal decreto Dignità, dopo la serie di interventi per “sterilizzarne” l’impatto messe in campo in precedenza.

«Credo si debba tornare sul tema delle causali - ha detto ieri il ministro del Lavoro, Marina Calderone -, perché una cosa sono le causali che nascono dall’esperienza della contrattazione collettiva e che per me sono buone e una cosa quelle che in sé portano ad una tipizzazione di condizioni che poi sono di difficile applicazione. Dal mio punto di vista sono foriere di possibile contenzioso». Al Forum dei commercialisti, parlando del prossimo intervento sul lavoro, il decreto atteso per la prima decade di febbraio, il ministro Calderone ha sostenuto che il contratto a termine «non è di per sé una forma di precarizzazione laddove c’è la possibilità di usarlo in modo sapiente. Non colpevolizzerei la flessibilità leggendola solo in chiave negativa».

La proposta allo studio dell’Esecutivo punta a far tornare “liberi” i contratti a termine fino a 24 mesi (oggi sono acausali fino a 12 mesi). Affidando alla contrattazione collettiva l’eventuale prosecuzione del rapporto per ulteriori 12 mesi. Risorse permettendo, e su spinta del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, si ragiona sull’eliminazione dei contributi addizionali. Molto dipenderà dalle risorse: si punta a eliminare tutti i contributi aggiuntivi che gravano sul datore (sia l’1,4% per finanziare la Naspi, sia lo 0,50% sui rinnovi). Se la coperta è tropo corta ci si limiterà allo 0,50% sui rinnovi, in primis per gli stagionali.

«Dobbiamo rendere più appetibile il contratto a termine che offre tutte le garanzie del rapporto di lavoro subordinato - spiega Durigon -. Stiamo cercando le risorse per eliminare i contributi addizionali fino a due punti, e per rafforzare la convenienza del welfare aziendale». A questo proposito va ricordato che il Decreto Aiuti quater ha previsto, per il periodo d’imposta 2022, che le somme di welfare aziendale trasferite ai lavoratori entro il 12 gennaio 2023 siano esentasse fino a 3mila euro (anche per pagare le bollette), rispetto ai 600 euro che il governo Draghi aveva previsto nel Decreto aiuti Bis, ma non essendo stata prorogata la misura per il 2023 si è tornati al precedente tetto di 258 euro.

«L’intervento di semplificazione sui contratti a termine è positivo - afferma il professor Arturo Maresca (diritto del Lavoro, università la Sapienza di Roma) -. Bisogna prevedere una norma transitoria per non ripetere gli errori del passato, e non spiazzare le imprese».

Altro tassello del prossimo decreto lavoro è la robusta semplificazione del decreto Trasparenza (Dlgs 104 del 2022) dell’ex ministro Orlando che, andando oltre la direttiva Ue, ha introdotto un appesantimento burocratico a tutti i datori di lavoro che devono provvedere nell’atto di assunzione a consegnare una voluminosa documentazione cartacea con la puntigliosa riproduzione dei contenuti fondamentali del rapporto di lavoro.

«Bisogna parlare di semplificazioni in generale che non vuol dire destrutturare il sistema - ha aggiunto il ministro Calderone-. Il decreto trasparenza, entrato a vigore ad agosto, che ha cambiato le modalità con cui si forniscono informazioni ai lavoratori in fase di assunzione, ha avuto il merito o il demerito di produrre delle comunicazione con una lunghezza inaudita: 31 pagine per dire ai lavoratori quello che è già contenuto nei contratti collettivi. Rendere cose più semplici non significa renderle più banali ma più efficaci». Con il correttivo annunciato dal ministro del Lavoro per la mole di informazioni si potrà rinviare alla contrattazione collettiva. Inoltre verrà fornito un «repertorio chiaro, gratuito ed accessibile per lavoratori e datori di lavoro di modelli e formati per i documenti in un unico portale digitale».

Un’altra misura allo studio del governo da inserire nel decreto è il piano formativo destinato ai percettori del reddito di cittadinanza considerati occupabili, che - come stabilito dalla manovra- dovranno frequentare per sei mesi un corso di formazione, pena la perdita del sussidio (che potranno avere al massimo per sette mesi).

Infine, sull’alternanza scuola-lavoro, nel decreto si punta a eliminare le disparità in tema di indennizzi nei casi di decesso sul lavoro, superando il vulnus normativo esistente che consente il risarcimento economico ai familiari, solo quando a subire l’infortunio mortale è il principale percettore del reddito. D’ora in avanti, in caso di decesso di un alunno che svolge alternanza scatterà un indennizzo (a tal fine dovrebbe essere creato un fondo ad hoc per questi ristori economici ai familiari). Il vero e proprio restyling dei percorsi “on the job” scatterà successivamente, per via amministrativa. Ogni anno l’alternanza interessa oltre 1,2 milioni di studenti: in base alle norme vigenti le ore di scuola-lavoro sono obbligatorie dalla terza superiore in avanti per almeno 90 nell’ultimo triennio dei licei, 150 negli istituti tecnici e 210 nei professionali.

Il governo, e in particolare il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, sta pensando a check-list di imprese, protocolli e accordi quadro per garantire a studenti, docenti, aziende opportunità chiare e coerenti con il percorso scolastico/formativo. Andrà predisposta una lista di informazioni e attestazioni che le scuole devono acquisire dalle aziende prima della stipula, e devono successivamente verificare. E si ragiona anche su un rafforzamento della formazione dei tutor (scolastico e aziendale), chiamati a coordinarsi durante l’esperienza di scuola lavoro.

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