Lavoro in Paesi extra Ue e innovazioni del Dlgs 151/2015
Se per il lavoratore inviato presso paesi UE non si pongono particolari problemi in quanto i livelli di tutela sono sostanzialmente gli stessi di quelli previsti dal D.Lgs. 81/2008, per effetto dell'applicazione dei medesimi principi del diritto comunitario e, in particolare, di quelli contenuti nella Direttiva quadro 89/391/CEE, criticità particolari sorgono nell'ipotesi del distacco in paesi extra-UE che spesso hanno legislazioni carenti o addirittura mancanti; nel caso in cui l'attività lavorativa debba essere svolta in paesi extracomunitari, pertanto, oltre ai principi di diritto internazionale privato troveranno applicazione per i lavoratori italiani (ovvero i cittadini di altri Stati membri UE ovvero extracomunitari in possesso di determinati requisiti) la legge 398/1987, di conversione del D.L. 317/1987, che ha subito importanti modifiche da parte del D.Lgs. n. 151/2015.
L'art. 18 di quest'ultimo provvedimento, infatti, ha abolito l'autorizzazione al lavoro estero e la stessa norma, inoltre, ha riscritto l'art. 2 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317, che prevede ora l'obbligo di specificare nel contratto con i lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero anche le idonee misure di sicurezza.
Tale indicazione dovrà, quindi, risultare o dal contratto stipulato al momento dell'assunzione o da un accordo integrativo qualora l'impiego o il trasferimento all'estero avvenga successivamente al momento genetico del rapporto di lavoro (si veda un esempio di schema suggerito).
Non è più sufficiente, quindi, solo il generico impegno del datore di lavoro ad apprestare idonee misure in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, come previsto originariamente dal predetto art. 2; in particolare, qualora al rapporto di lavoro sia applicabile la legge di un Paese straniero con standard di sicurezza meno cautelativi rispetto a quelli italiani, come già accennato dovranno essere garantite idonee misure di sicurezza in grado di raggiungere il livello di protezione previsto dalla legislazione italiana e in particolare del D.Lgs. n.81/2008, che andranno riportate nel contratto e oggetto, quindi, di un'apposita procedimentalizzazione così come previsto da tale decreto.
Quindi il datore di lavoro prima d'inviare il lavoratore all'estero dovrà preventivamente accertarsi delle condizioni d'impiego e la disciplina del paese di destinazione, collaborare con il committente o il distaccatario sulla base del modello prevenzionale che si ricava dall'art. 26 del D.Lgs. n.81/2008 ed effettuare una valutazione dei rischi specifici al fine d'identificare le conseguenti misure di prevenzione e protezione da riportare nel contratto, e «Laddove i luoghi non fossero adeguati, da un punto di vista della sicurezza, i datori di lavoro dovranno trovare misure equivalenti, perché il concetto che emerge dalla giurisprudenza è che bisogna comunque tutelare la sicurezza».
Tale orientamento si rileva, infatti, nella giurisprudenza della S.C. di Cassazione che in un caso relativo a un d'infortunio mortale di un lavoratore di un'impresa italiana durante l'esecuzione di lavori elettrici in sub – sub appalto in Francia ha riconosciuto la responsabilità penale del datore di lavoro sul presupposto che non aveva adeguatamente formato il lavoratore in rapporto ai rischi specifici di quel cantiere e non aveva adottato delle misure contro il rischio elettrico.
Misure di tutela dall'attività criminosa di terzi.
La formulazione contenuta nel novellato art. 2 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317, si presenta sotto questo profilo molto ampia in quanto fa riferimento a «idonee misure in materia di sicurezza» che comprendono anche quelle a tutela dall'attività criminosa di terzi.
In tal senso giova anche ricordare che la S.C. di Cassazione civ. 22 marzo 2002, n. 4129, in relazione ad un caso in cui si è verificato il rapimento di alcuni lavoratori italiani in Etiopia da parte di guerriglieri, ha precisato che «ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. ..... l'obbligo dell'imprenditore di tutelare l'integrità fisiopsichica dei dipendenti impone l'adozione - e il mantenimento - non solo di misure di tipo igienico-sanitario o antinfortunistico, ma anche di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di detta integrità nell'ambiente o in costanza di lavoro in relazione ad attività pur se allo stesso non collegate direttamente come le aggressioni conseguenti all'attività criminosa di terzi, giustificandosi l'interpretazione estensiva della predetta norma alla stregua sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute (art. 32 Cost.) sia dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.) cui deve ispirarsi anche lo svolgimento del rapporto di lavoro (cfr. Cass. 20 aprile 1998 n. 4012)».
Di conseguenza nel contratto andranno specificate anche tali misure.
Esempio d'integrazione del contratto di lavoro con le misure di sicurezza per il lavoro all'estero