Rapporti di lavoro

Non solo business: chi è (e cosa fa) il legale negli italian desk

Cresce il mercato per i nostri consulenti negli studi internazionali: assistenza per export ed M&A, ma si opera anche come mediatori culturali

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di Massimiliano Carbonaro

Sono sempre più diffusi e ricercati gli italian desk, team di avvocati, spesso di madrelingua italiana, all’interno di studi legali non italiani dislocati in paesi stranieri. Sono strutture dedicate ad una clientela italiana, che fanno da liaison negli affari cross border, ma che oltre ai servizi legali spesso si trovano, nella pratica, ad agire da mediatori culturali.

Un’idea di quanti siano gli italian desk è possibile averla grazie ai dati di Aigli – Associazione internazionale giuristi di lingua italiana – che raccoglie circa 300 avvocati in oltre 30 nazioni che hanno sviluppato italian desk.

Il numero maggiore di iscritti è in Germania (31), quindi in Svizzera (25) poi Spagna (19). Ma ci sono associati in America Latina (Argentina, Brasile e Cile) e Giappone. La presidente di Aigli, l’avvocata Anna Gibello, anche lei guida un italian desk presso uno studio di Bruxelles.

«La nostra associazione – spiega – riunisce avvocati in tutto il mondo che sviluppano degli italian desk nel loro paese. Tutti parlano la lingua italiana, sono a volte avvocati di riferimento delle ambasciate, hanno una clientela italiana nel proprio paese».

Insomma lo strumento funziona. A confermarlo è Giuliano Iannacone dello studio newyorkese Tarter Krinsky & Drogin. L’avvocato lavora negli Stati Uniti dal 1997 e ora guida una squadra di una decina di persone che rappresenta l’italian team dello studio: «Spesso le aziende italiane che vanno all’estero non hanno un ufficio legale interno – commenta – l’idea è fornire aiuto integrandosi con la realtà aziendale, assistendole sia in tutte le pratiche iniziali ma anche nella prevenzione e gestione di eventuali rischi in un momento così delicato».

Non si lavora solo con le imprese esportatrici. L’avvocato Eckart Petzold è il responsabile italian desk dello studio Luther in Germania ed ha 35 anni di esperienza cross-border soprattutto in ambito M&A e diritto societario. «La nostra consulenza – spiega – è rivolta a supportare lo sviluppo dell’economia e degli scambi commerciali tra Italia e Germania. Spesso lavoriamo con gli studi italiani semplificando il lavoro di fronte ai problemi linguistici».

Ha una storia di oltre trent’anni in Brasile l’avvocato Giacomo Guarnera, fondatore dello studio Guarnera Advogados. All’inizio offriva consulenze per ottenere la cittadinanza italiana, poi ha cominciato a lavorare con le aziende seguendo le imprese italiane interessate al mercato brasiliano. «Il nostro cliente tipico – spiega – è un’impresa italiana che ha poche informazioni, magari ha qualche contatto, ma sottovaluta i rischi di entrare in un paese grande, molto burocratico e complesso sul lato fiscale. Il nostro è anche un lavoro di natura culturale, di illustrazione delle differenze di approccio e non solo di regole tra l’Italia e il Brasile».

Il tema della mediazione culturale e non solo di assistenza legale è particolarmente sentito dall’avvocato Valerio Scollo, coordinatore dell’italian desk della filiale lussemburghese di GSK Stockmann. «È un aspetto molto importante della nostra attività – spiega – il Lussemburgo è un hub finanziario, da qui poi si può operare in tutto il mondo. Noi lavoriamo anche con gli studi legali che accompagnano le aziende e sosteniamo i clienti tedeschi che vogliono entrare in Italia».

Gli italian desk non sono composti solo da avvocati. Come mostra l’esperienza di Gabriele Schiavone, responsabile per il desk dedicato alle aziende italiane in Gran Bretagna dello studio SGS di Londra, una realtà specializzata in tributario e societario. «Seguiamo prevalentemente una clientela italiana di immigrati all’estero e che hanno anche interessi in Italia, nonché italiani che a Londra fanno business, ma anche inglesi che vogliono investire in Italia».

Dietro la scelta da «expat» dei legali che compongono gli italian desk ci sono spesso vicende personali, a volte sentimentali, che li hanno portati a stabilirsi in un altro paese. Ma non manca la volontà di mantenere un legame con il paese di origine, che a volte si tinge persino di nostalgia.

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