Contrattazione

Operazioni straordinarie transfrontaliere, nella contrattazione la partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale

Il decreto legislativo 19/2023, in vigore dal 22 marzo, ha recepito la direttiva (UE) 2019/2121 del 27 novembre 2019, che apporta modifica alla direttiva (UE) 2017/1132 in materia di trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere

di Antonio Carlo Scacco

Il decreto legislativo 19/2023, in vigore dal 22 marzo, ha recepito la direttiva (UE) 2019/2121 del 27 novembre 2019, che apporta modifica alla direttiva (UE) 2017/1132 in materia di trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere. L’intento della direttiva è sostanzialmente quello di facilitare le operazioni straordinarie transfrontaliere delle aziende dell'Unione europea, all’insegna della mobilità e del rispetto del principio della libertà di stabilimento, pur salvaguardando i diritti dei soci e, per la parte che qui interessa, dei lavoratori coinvolti nelle operazioni. L’ambito di applicazione della nuova disciplina comprende ordinariamente, come anticipato, le operazioni transfrontaliere riguardanti una o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la sede sociale o l’amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell’Unione europea.

Restano escluse le società di investimento a capitale variabile (SICAV) ed i soggetti sottoposti a procedure di risoluzione o misure di prevenzione delle crisi (a meno che la normativa di regolazione della crisi non consenta espressamente tali operazioni).

Il capitolo dedicato alla tutela dei dipendenti delle società interessate dalle operazioni straordinarie come anticipato è piuttosto corposo. Ad esempio la relazione dell'organo amministrativo delle società che partecipano alla fusione deve infatti prevedere anche una parte specificamente destinata ai lavoratori (può essere anche contenuta in un documento separato), nella quale sono illustrati l'impatto giuridico ed economico della fusione sui rapporti di lavoro ed eventuali modifiche sostanziali alle condizioni di lavoro o all'ubicazione delle attività, ivi incluse le misure eventualmente previste per la salvaguardia dell'occupazione e le ricadute dell'operazione su eventuali società controllate (articolo 21). Incidentalmente è appena il caso di ricordare come in esito alle operazioni straordinarie in ambito comunitario le parti contraenti siano tenute d applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa della società risultante dal processo di fusione/scissione/trasformazione.

L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello. Tale disposizione, originata dalla risalente direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE (ora sostituita dalla direttiva 2001/23/CE), può essere interpretata nel senso che il soggetto risultante dalla operazione straordinaria ha il diritto di applicare immediatamente, sin dalla data del trasferimento, le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione (ad es. v. Corte di giustizia procedimento C- 108/10, Scattolon, Cass. 7698/2018). La teoria "dell'effetto immediato", che ha trovato diversi riscontri nella giurisprudenza di legittimità (ad es. Cass., sez. lav., 13 maggio 2011, n. 10614), non può tuttavia avere lo scopo, o l'effetto, di imporre ai lavoratori condizioni globalmente meno favorevoli di quelle applicabili prima del trasferimento (sentenza Corte Ue citata, p. 76). Se così non fosse, infatti, la realizzazione dello scopo perseguito dalla direttiva 77/187 potrebbe essere agevolmente rimessa in discussione in qualsiasi settore disciplinato in forza di contratti collettivi, il che ne pregiudicherebbe l'efficacia pratica.

Un capitolo particolarmente dolente del decreto delegato è quello riguardante la partecipazione dei lavoratori. La direttiva regolamenta espressamente tale partecipazione in alcune disposizioni (ad esempio articolo 86 terdecies), sancendo che la società trasformata è soggetta alle disposizioni vigenti in materia di partecipazione dei lavoratori, ove esistano, nello Stato membro di destinazione. Ma nel nostro ordinamento, al momento, non esistono norme che disciplinano la partecipazione dei lavoratori (nonostante l'articolo 46 della Costituzione sancisca espressamente il "diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende"). La nostra norma delegata bypassa elegantemente il problema disponendo che, ove la società sottoposta a trasformazione transfrontaliera applichi un regime di partecipazione dei lavoratori o ha avuto nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto di trasformazione un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per la sua attivazione, la partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla trasformazione e il loro coinvolgimento nella definizione dei relativi diritti sono disciplinati in base a procedure, criteri e modalità stabiliti negli accordi tra le parti stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nella società stessa.

È interessante notare come la norma ometta di fare riferimento alla contrattazione collettiva cd. qualificata (quella, per intenderci, individuata dall'articolo 51 del decreto legislativo 81/2015). Ancora più interessante è rilevare come la disposizione assuma un particolare interesse se valutata nella sua potenziale dimensione attuativa del citato articolo 46 della Costituzione, o almeno come un tentativo di creare una prima, importante breccia nel muro invisibile che finora, per i motivi più svariati, ne ha impedito una compiuta attuazione. Si noti che la società italiana risultante dalla trasformazione tenuta ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori, deve comunque assumere "una forma giuridica che consente l'esercizio dei diritti di partecipazione" (ad es. articolo 16, comma 7). Tale espressione appare di difficile comprensione nell'attuale contesto dell'ordinamento lavoristico, a meno che non si voglia dar corso, in un futuro più o meno prossimo, ad una vera e propria disciplina attuativa del menzionato articolo 46.

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