Previdenza

Pensioni, più flessibilità ma con il contributivo Il Covid taglia la spesa: -11,9 miliardi in 10 anni

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di Marco Rogari

L’eccesso di mortalità dovuto all’esplosione del Covid ha prodotto a fine 2020 una minor spesa pensioni per le casse dell’Inps di 1,11 miliardi e ha attutito l’impatto delle uscite di 11,9 miliardi nella proiezione decennale fino al 2029. A stimare le ricadute della pandemia in termini di erogazione dei trattamenti pensionistici è il nono rapporto del Centro studi e ricerche ”Itinerari previdenziali”, presieduto da Alberto Brambilla, che è stato presentato ieri al Senato nella stessa giornata in cui in calendario un nuovo round tecnico tra esecutivo e sindacati sulla riforma delle previdenza. Con il governo che ha ufficialmente aperto alla possibilità di rendere più flessibile l’accesso alla pensione, con l’anticipo dell’uscita dal lavoro prima della soglia di vecchiaia dei 67 anni, ma ragionando sul ricalcolo contributivo dell’assegno.

La delegazione tecnica dell’esecutivo (composta, tra gli altri, dal capo di gabinetto del ministero del Lavoro, Elisabetta Cesqui, dal capo del Dipe di Palazzo Chigi, Marco Leonardi, dal presidente della commissione di studio sui lavori gravosi, Cesare Damiano, e dagli esperti del Mef) non ha dato indicazioni sui possibili requisiti minimi di uscita, anche se soprattutto al ministero dell’Economia si tende a guardare alla soglia dei 64 anni. Ma i tecnici del governo hanno ribadito con chiarezza il no a uscite con 41 anni di versamenti e la necessità di rispettare il paletto già fissato da Mario Draghi: qualsiasi correzione della legge Fornero in tema di età di pensionamento dovrà rimanere nell’alveo del ”contributivo”.

Un vincolo, quello del ricalcolo contributivo della pensione anticipata, non affatto gradito ai sindacati, che comunque apprezzano l’apertura sulla flessibilità. Roberto Ghiselli (Cgil) lo definisce «inaccettabile». Ignazio Ganga (Cisl) parla di «una traiettoria comune» ma aggiunge che «lo scambio non può essere il ricalcolo contributivo». E anche Domenico Proietti (Uil) giudica «sbagliata l’idea di legare questa flessibilità al ricalcolo contributivo».

A questo punto le somme si tireranno nella verifica politica con i leader sindacali che dovrebbe essere fissata la prossima settimana e in cui si terrà conto delle altre aperture arrivate ieri dal governo. Come la disponibilità a valutare un abbassamento della quota di 2,8 volte il minimo per i “contributivi” intenzionati a uscire prima dell’età di vecchiaia e la creazione di una sorta di pensione di garanzia per i lavoratori che a 67 anni non hanno raggiunto un importo del trattamento pari ad almeno 1,5 volte il minimo.

Ma sotto i riflettori saranno anche altri dati. Come quelli contenuti nel rapporto di “Itinerari previdenziali” in cui si mette in evidenza come al 1° gennaio 2021 risultassero in pagamento dall'Inps 476.283 assegni previdenziali dalla durata ultra-quarantennale. Oltre 53mila di questi trattamenti erogati a persone andate in pensione nel lontano 1980, o prima ancora, riguardano i dipendenti pubblici, mentre altri 423.009 sono riconducibili a lavoratori privati e autonomi. Nel dossier si fa notare che la durata delle pensioni più remote ancora oggi vigenti è di quasi 46 anni nel comparto privato e di 44 anni nella pubblica amministrazione. Ma si evidenzia anche che «prestazioni corrette sotto il profilo attuariale» non dovrebbero superare i 20-25 anni. Un target che resta quasi irraggiungibile se si considera che attualmente sono in pagamento oltre 5,7 milioni di prestazioni pensionistiche che hanno già superato una durata di 20 anni e di cui beneficia il 34,1% degli oltre 16 milioni di pensionati italiani.

Il centro studi guidato da Brambilla si sofferma anche sul costo «sempre più insostenibile» delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale. Un costo che è lievitato a 144,7 miliardi, con una crescita del 62,6% sul 2012 e del 29% rispetto al 2019. Anche perché a fine 2020 i beneficiari a vario titolo di prestazioni assistenziali sono risultati 7,68 milioni: il 47,92% del totale dei pensionati. Per questo motivo, a parere di Brambilla, è necessaria «una corretta separazione tra previdenza e assistenza». Secondo il presidente di Itinerari previdenziali, il sistema pensionistico «a oggi è sostenibile e lo sarà anche tra 15 anni, nel 2035» quando si esaurirà il capitolo degli ultimi baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980. Ma Brambilla mette in guardia dall'eccessivo numero di prestazioni anticipate.

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