Povertà, piano per 400mila famiglie
Dopo un iter parlamentare durato oltre un anno il Senato ha approvato ieri in via definitiva la legge delega per il contrasto alla povertà, il riordino delle prestazioni assistenziali e il rafforzamento del coordinamento dei servizi socio-assistenziali. Con questo provvedimento, che ha raccolto 138 voti favorevoli, 71 contrari e 21 astenuti, l’Italia entra nel folto gruppo di stati della Ue già da tempo dotati di un sostegno di carattere universale per i cittadini che versano in condizioni di povertà e di esclusione sociale.
In particolare viene introdotto il Reddito di inclusione (Rei), una nuova misura nazionale qualificata come livello essenziale di prestazione che prenderà il posto dell’attuale Sostegno per l’inclusione attiva (Sia), in pagamento dallo scorso novembre e che questo mese ha consentito di far arrivare un aiuto concreto a 70mila famiglie povere nelle quali vivono in media due figli minori: circa 320 euro al mese con una carta di credito a ricarica bimestrale che può arrivare fino a 480 euro in caso di genitore singolo. Con il Rei la platea degli assistiti dovrebbe salire entro un anno a 400mila nuclei, per un totale di 1 milione e 700 mila persone, tra cui 800 mila minori. Le risorse messe in campo per finanziare questo programma sono circa 2 miliardi per il 2017, includendo anche i fondi europei, e dovrebbero sfiorare i 2,2 miliardi nel 2018, sempre tenendo conto anche dei fondi Ue e delle risorse che verranno dalla razionalizzazione di altre prestazioni assistenziali come la vecchia carta sociale per anziani e minori e l’assegno di disoccupazione Asdi, una dote che servirà anche a potenziare i Centri per l’impiego, con il personale coinvolto nel programma.
Il Rei sarà condizionato alla prova dei mezzi (serve un Isee non superiore ai 3mila euro associato a un livello di reddito effettivo disponibile che sarà fissato nel decreto legislativo di attuazione), e l’aiuto scatterà solo con l’adesione del capofamiglia a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa messo in campo da Comuni e Regioni. Il decreto legislativo di attuazione, che dovrebbe essere operativo entro l’estate dopo il previsto vaglio parlamentare, definirà fra l’altro durata e modalità di rinnovo del finanziamento effettuato ogni bimestre e il suo valore, calcolato sulla diferenza tra il reddito della famiglia e un valore soglia di povertà (si andrà probabilmente non oltre i 485 euro massimi dell’assegno sociale). La traccia da seguire è quella del Sia, come detto, che attualmente prevede una durata di un anno, cui deve seguire una pausa di 6 mesi prima di ottenere un nuovo periodo di aiuto sempre che i requisiti di reddito e sociali non siano migliorati. Il dlgs definirà anche la ripartizione delle risorse finanziarie: quante andranno ai trasferimenti monetari ai nuclei registrati e quante per sostenere i costi gestionali in campo agli enti locali, le Regioni e i soggetti privati coinvolti nel programma. Il decreto definirà poi, sempre riguardo alla definizione della platea dei potenziali beneficiari Rei, se allargare o meno il perimetro dei cittadini residenti e dei cittadini extracomunitari lungo-soggiornanti, nel solco di quanto previsto dalla direttiva comunitaria. E sempre con lo stesso dlgs verranno razionalizzate, come detto, la vecchia social card e l’Asdi. Verrà infine definita la governance di questo sistema di nuova assistenza sociale, con un coordinamento nazionale affidato a ministero del Lavoro e Inps, cui parteciperanno le Regioni e i Comuni.
Il via libera di palazzo Madama è stato accolto con grande soddisfazione dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni: «Mi fa molto piacere che il Parlamento abbia approvato definitivamente la legge sulla povertà, che è un pezzo importante nel programma di impegno sociale del governo». Mentre il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha sottolineato come, con il varo della delega, «per la prima volta il nostro Paese si dota di uno strumento nazionale e strutturale che ci consente di introdurre progressivamente una misura universale fondata sull’esistenza di una condizione di bisogno economico e non più sull’appartenenza a particolari categorie».
Critiche sono venute dalla opposizioni, in particolare da M5S che ha difeso la sua proposta per un reddito di cittadinanza, mentre è positivo il giudizio dell’Alleanza contro la povertà, cartello che riunisce 35 associazioni compresi sindacati, cooperative, Caritas. «La legge delega segna un momento significativo nel nostro paese - spiega una nota dell’Alleanza -. Con la sua approvazione giunge a conclusione il lavoro del Parlamento: da tempo evidenziamo la necessità di un impianto normativo che coniughi da una parte il sostegno al reddito e l’inclusione sociale e dall’altra preveda un Piano nazionale in grado di raggiungere tutti i cittadini che versano in povertà assoluta. Perché i sussidi senza i servizi scadrebbero nell’assistenzialismo, perdendo, così, il carattere inclusivo che rappresenta, invece, il punto di svolta nella lotta alla povertà e all’emarginazione sociale».
A rovinare la festa per l’approvazione della delega sono i tagli ai trasferimenti statali - contestati dalle organizzazioni del Terzo settore - che nei giorni scorsi sono invece arrivati al Fondo per la non autosufficienza (-50 milioni, su una dote che rimane a quota 450) e al Fondo per le politiche sociali (che scende da 311 milioni a 99). Tagli che si aggiungono a quelli fatti sul fondo edilizia scolastica, sui libri di testo e gli inquilini morosi per garantire il concorso delle Regioni al miglioramento dei saldi di finanza pubblica per il 2017.