Premi maggiorati, diritto al rimborso se l’errore è dell’Inail
Nel caso in cui l’attribuzione di una classifica delle lavorazioni non corretta da parte dell’Inail sia attribuibile a un errore dell’Inail e non del datore di lavoro, quest’ultimo ha diritto al rimborso dell’indebita maggiorazione dei premi a carico dell’impresa versata entro i limiti dei dieci anni precedenti.
Lo ha sottolineato la Corte d’appello de L’Aquila con la sentenza del 27 gennaio scorso in cui è stato anche confermato il principio secondo cui, quando la comunicazione obbligatoria del datore di lavoro ha per oggetto una mera “variazione ditta”, ossia un cambio nella titolarità dell’impresa, si deve presumere in via generale che la lavorazione esercitata permane immutata.
In primo grado il Tribunale di Teramo aveva condannato l’Istituto a rifondere a un’azienda circa un milione per premi illegittimamente riscossi, cifra confermata anche in secondo grado. La richiesta di ripetizione dell’indebito era stata azionata dall’impresa, che produceva tubazioni in gomma con la relativa raccorderia metallica su tre siti diversi dislocati lungo la Penisola e con una netta divisione dei settori produttivi d’interesse (si veda il Sole 24 Ore del 14 maggio 2021).
Allora era stato anche ricordato che se un’impresa svolge più lavorazioni, l’Inail deve applicare la tariffa propria della lavorazione principale. È, tuttavia, necessario che le altre attività si pongano in correlazione non solo tecnica ma anche funzionale con la prima. La correlazione tecnico-funzionale è quella propria delle lavorazioni che consentono una più agevole, completa e rapida realizzazione delle finalità aziendali, producendo beni e servizi nella misura strettamente necessaria ed imposta dalla lavorazione principale. Se così è, alle ulteriori attività deve essere applicata la tariffa corrispondente alla lavorazione principale.