Quota 100 a rischio restituzione se si lavora prima dell’età di vecchiaia
Il nuovo accesso anticipato a pensione in quota 100 ha ufficialmente debuttato il 1° aprile per i dipendenti del settore privato; per quelli del pubblico impiego, invece, la prima data utile di decorrenza è fissata al 1° agosto. Tuttavia chi otterrà l’assegno dovrà fare attenzione al divieto di cumulo con redditi da attività da lavoro, perché rischia di dover restituire la pensione.
Per tutti coloro che entro il 2021 maturino i requisiti di 62 anni di età e 38 anni di contributi, si apre la possibilità di aderire a questo accesso straordinario e anticipato che consente di ottenere la pensione ben 5 anni prima di quella di vecchiaia e quasi 5 anni prima la pensione anticipata, almeno per i lavoratori di sesso maschile. L’assegno sarà liquidato con le ordinarie regole del metodo retributivo, misto e contributivo senza alcuna conversione al metodo spesso meno conveniente, vale a dire il contributivo (come accade invece per l’opzione donna). L’ammontare dell’assegno sarà minore rispetto a quello ottenibile con la pensione anticipata ordinaria, in proporzione ai minori contributi versati.
Numerosi rimangono però i punti da chiarire sulle peculiarità di quota 100. Inps ha recentemente diffuso un messaggio (1551/2019) contenente alcune domande e risposte che, tuttavia, non si concentrano sui temi più controversi relativi alle particolari condizioni di pensionamento. In particolare, si attendono chiarimenti ufficiali a proposito del rapporto fra indennità di disoccupazione (Naspi) e i requisiti di quota 100.
Decadenza dalla Naspi
Infatti, nel caso in cui un fruitore della Naspi si ritrovi a maturare i requisiti per la pensione in quota non è ancora stato ufficializzato se si produca la automatica decadenza dall’indennità di disoccupazione. Sul tema la riforma Fornero del mercato del lavoro (legge 92/2012, articolo 2, comma 40, lettera c) aveva più genericamente enumerato, fra le cause della perdita del diritto alla Naspi, il raggiungimento del diritto al pensionamento anticipato, come confermato dal decreto legislativo 22/2015, articolo 11, comma 1, lettera d.
In effetti, il decreto legge 4/2019 ha definito quota 100 come pensione anticipata, evidenziandone però il carattere temporaneo e straordinario e rendendo necessario un ulteriore chiarimento da parte dell’istituto di previdenza.
Contributi effettivi
Andrà poi ricordato che la contribuzione accreditata in virtù dell’indennità di disoccupazione (Aspi, mini Aspi e Naspi) è utile ai fini del raggiungimento del requisito dei 38 anni di contributi, ma - per coloro che hanno almeno una settimana di contributi nel metodo retributivo- non ai fini dell’altro requisito generalizzato del possesso di almeno 35 anni di contribuzione effettiva. Tale ulteriore subrequisito della soglia di contribuzione effettiva non è invece richiesto per i “contributivi puri” che, nel caso dei quotisti, potranno essere solo coloro che avranno optato per avere la pensione calcolata con il metodo contributivo.
Nelle tabelle correlate sono stati ipotizzati i casi di tre lavoratori per evidenziare come si possa arrivare a rispettare il doppio vincolo dei 35 e dei 38 anni sommando diverse tipologie di contributi. Un traguardo che, per quanto concerne la persona che ha avuto quattro anni di disoccupazione, non è raggiungibile, con conseguente necessità di passare al sistema di calcolo contributivo.
Redditi e pensione
Un’altra peculiarità di quota 100 consiste nella sua incumulabilità con i redditi di lavoro dipendente e autonomo fino all’età della pensione di vecchiaia, temperata dal possibile cumulo con il lavoro autonomo occasionale nella soglia massima annuale di 5.000 euro lordi. La norma (articolo 14, comma 3, del decreto legge 4/2019) si riferisce nello specifico a queste tre categorie reddituali del nostro ordinamento, lasciando fuori da possibili interferenze - almeno sulla carta - redditi alternativi, come quelli di partecipazione, percepiti da un socio lavoratore di una società a responsabilità limitata di ambito commerciale.
In realtà, la circolare Inps 11/2019 ha fornito una lettura più estensiva, vietando il cumulo con qualsiasi reddito collegato ad attività lavorativa, instillando alle persone interessate ulteriori dubbi su quali redditi siano realmente compatibili con quota 100. Inoltre, l’Istituto dovrà chiarire come sarà -a posteriori- verificata la cumulabilità, cioè se per cassa o per competenza.
Si ponga, infatti, il caso di un lavoratore autonomo che maturi a 62 anni la pensione in quota 100, accettando dall’anno successivo una collaborazione biennale. Se questo libero professionista scegliesse di farsi erogare i propri compensi esclusivamente nel secondo anno dell’incarico, se prevalesse un criterio di cassa, questi perderebbe il diritto alle rate di pensione del solo secondo anno mentre, se si applicasse quello di competenza, entrambe le annualità pensionistiche sarebbero revocate.
Il mancato rispetto del divieto di cumulo, peraltro, non comporta la perdita definitiva della pensione, ma la revoca degli importi erogati nell’anno in cui si supera il limite dei 5.000 euro di lavoro autonomo occasionale o si svolgono lavori che determinano redditi incompatibili con quota 100.