Previdenza

Quota 103 con limite d’importo. Premio a chi continua a lavorare

Fino alla pensione di vecchiaia l’assegno non potrà superare cinque volte il minimo. Chi rinuncia all’uscita anticipata riceverà una busta paga più consistente

di Fabio Venanzi

Nell’attesa di una riforma pensionistica più organica, il Governo ha optato per una misura ponte volta a evitare che, dopo il periodo di quota 100 e quota 102, l’accesso alla pensione avvenisse con gli ordinari requisiti previsti dalla riforma del 2012.

Di conseguenza per il 2023 viene introdotta la pensione quota 103, con almeno 62 anni di età e 41 anni di anzianità contributiva minima. Tale prestazione, definita “pensione anticipata flessibile”, è conseguibile da tutti i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (Ago), alle forme esclusive e sostitutive della medesima e alla gestione separata gestite dall’Inps. Il perfezionamento dei requisiti entro il 31 dicembre 2023 consentirà l’accesso alla pensione anche in data successiva. Si ricorda che la pensione anticipata si consegue con 41 anni e dieci mesi di contributi per le lavoratrici (requisito innalzato di un anno per i lavoratori) indipendentemente dall’età. La decorrenza della prima rata di pensione è posticipata di tre mesi, a causa della finestra mobile.

A differenza del passato, il valore lordo mensile della rendita non potrà essere superiore a cinque volte il trattamento minimo vigente nell’Ago. Tale limite dovrà essere rispettato fino al raggiungimento del requisito anagrafico richiesto, tempo per tempo, per l’accesso alla pensione di vecchiaia (67 anni fino al 2024). Tuttavia, occorrerà vedere come sarà calcolata tale soglia. Infatti il valore del trattamento minimo definitivo 2022 è stato cristallizzato dall’Inps in 525,38 euro lordi mensili. La perequazione provvisoria per il 2023 è stata determinata, dal Mef con decreto del 10 novembre 2022, nella misura del 7,30%, a cui si aggiungerà l’incremento straordinario dell’1,5% previsto dalla legge di Bilancio, al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione. I calcoli contenuti nella relazione tecnica al Ddl prendono come riferimento il minimo 2023 determinato rivalutando i 525,38 euro del 7,3 per cento.

Questa nuovo canale di uscita è conseguibile anche facendo ricorso al cumulo dei periodi assicurativi tra le diverse gestioni, eccetto quelli accreditati presso le Casse professionali.

In sede di prima applicazione, coloro che maturano i requisiti entro la fine del 2022 potranno accedere alla prestazione a decorrere dal 1° aprile 2023, mentre per i pubblici dipendenti il differimento è al 1° agosto 2023. A regime, la finestra mobile sarà di tre mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per quelli del settore pubblico. Per i pubblici dipendenti è richiesto, altresì, un preavviso di sei mesi. Per il personale del comparto scuola e Afam, la decorrenza è fissata all’inizio dell’anno scolastico/accademico, a condizione che la domanda di cessazione dal servizio venga presentata entro il 28 febbraio 2023. La pensione anticipata flessibile non si applica al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e polizia penitenziaria nonché al personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale della Guardia di finanza, attesa la speciale disciplina che regola tali settori.

Durante la percezione di quota 103 non sarà possibile cumulare redditi da lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5mila euro lordi annui, e di altri redditi specifici, come le indennità di funzione degli amministratori locali. Il divieto opera dal giorno di decorrenza della pensione fino alla maturazione dei requisiti richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Nel caso di cumulo, la pensione sarà sospesa per l’intero anno in cui si verifica il superamento e gli eventuali ratei riscossi nell’anno formeranno oggetto di recupero da parte dell’Inps.

I lavoratori che, pur avendo i requisiti per accedere a quota 103, non fruiranno di tale possibilità, potranno beneficiare di un maggior stipendio. Infatti l’articolo 54 del disegno di legge prevede che, dietro richiesta dell’interessato, il datore di lavoro versi all’Inps solo la contribuzione a proprio carico, mentre la somma corrispondente ai contributi che avrebbe dovuto versare il dipendente sarà riconosciuta interamente a quest’ultimo, comportando un aumento del netto in busta. Le modalità attuative di questa opzione sono demandate a un decreto ministeriale.

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