Contenzioso

Salvaguardato l’esodato che ha trovato un nuovo impiego

Non valido il divieto di tornare in attività introdotto da un decreto ministeriale ma non previsto dalla legge

immagine non disponibile

di Matteo Prioschi

Un decreto ministeriale di attuazione non può introdurre un requisito di accesso alla salvaguardia non previsto dalla relativa legge. Di conseguenza ha diritto alla pensione con le regole ante riforma Fornero l'esodato che, rimasto senza impiego, si è trovato una nuova occupazione prima di maturare i requisiti previdenziali.

L'articolo 6, comma 2-ter, del Dl 216/2011 ha stabilito che i lavoratori esodati entro il 2011, per risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, o per accordi individuali o collettivi di incentivi all'esodo, potevano accedere alla pensione con i requisiti ante riforma se li avessero maturati entro 24 mesi dall'entrata in vigore del Dl 201/2011 (contenente la riforma).

Successivamente, il decreto del ministero del Lavoro del 1° giugno 2012, emanato sulla base dell'articolo 24, comma 15, del Dl 201/2011 per attuare la salvaguardia di questa e altre categorie di lavoratori, ha aggiunto il requisito della non rioccupazione, nel periodo intercorrente tra l'esodo e il pensionamento.

La Cassazione (sentenza 31335/2022) rileva che il Dm «trattandosi di fonte normativa secondaria...non poteva autonomamente istituire requisiti non previsti dalla norma primaria, ostandovi il principio di gerarchia delle fonti...e il principio di legalità dell'azione amministrativa, che non consentono che un atto normativo di rango secondario possa introdurre requisiti per l'accesso a una prestazione previdenziale che non siano in alcun modo contemplati dalla fonte primaria che ad esso rinvii per la sua attuazione».

Nel caso specifico, l'ulteriore requisito non può essere giustificato nemmeno dal decreto legge 95/2012 che ha ampliato la platea dei salvaguardati a chi avrebbe maturato i requisiti tra i 24 e i 36 mesi successivi alla riforma. La frase in esso contenuta, secondo cui restano ferme «le disposizioni, i presupposti e le condizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e dlele politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle fiannza del 1° giugno 2012», per il principio di irretroattività della legge vale solo per l'ulteriore platea indiviuda dal Dl 95/2012.

Sempre in tema di salvaguardia previdenziale, con la sentenza 31334/2022 la Cassazione ha giudicato che se una persona, durante la salvaguardia, ha maturato i requisiti post-riforma, accede alla pensione sulla base di quest'ultimi e non di quelli previgenti.

Nel caso specifico, un lavoratore finito in mobilità è stato salvaguardato in base all'articolo 22, comma 1, lettera a del Dl 95/2012 (nella versione antecedente le modifiche apportate dalla legge 147/2014), secondo il quale si poteva accedere con i requisiti ante riforma se maturati durante la mobilità. Durante tale periodo il lavoratore ha maturato, dopo il 1° gennaio 2014, i requisiti per la pensione previsti dalla riforma, ma ha chiesto di andare in pensione prima sulla base dei vecchi requisiti.

La Cassazione osserva che la finalità dell'intervento di salvaguardia è tutelare i lavoratori in mobilità che, con le regole previgenti, avrebbero avuto accesso alla pensione terminato l'ammortizzatore sociale. Si tratta di una deroga che deve essere interpretata nel senso di escludervi chi, nonostante il cambio delle regole, ha maturato comunque il diritto alla pensione entro il periodo di mobilità.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©