Scatta la promozione anche con mansioni superiori intermittenti
Quando risponde a esigenze strutturali della società, l'adibizione del dipendente a mansioni superiori dà diritto a un inquadramento più elevato, oltre che al pagamento delle differenze retributive, nonostante l'esercizio delle mansioni superiori sia stato frazionato nel tempo.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con l'ordinanza 1656/2020, confermando la decisione con cui la Corte d'appello di Milano aveva riconosciuto il diritto all'inquadramento superiore a favore di un lavoratore che, pur svolgendo reiteratamente compiti propri di un quadro, si era visto negare il relativo inquadramento sulla base del fatto che l'assegnazione a tali mansioni era sempre avvenuta per brevi periodi, seppure ripetuti.
Nel decidere il caso, la Corte suprema ha ripercorso la disciplina dell'articolo 2103 del codice civile, chiarendo anzitutto come la corretta individuazione del livello di inquadramento debba, in ogni caso, avvenire in tre fasi:
- l'accertamento dell'attività di fatto espletata;
- l'individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dalla contrattazione collettiva di riferimento (con le relative declaratorie);
- una comparazione tra le fasi precedenti, volta a comprendere quale delle definizioni previste dal contratto collettivo sia maggiormente coerente con la prestazione di fatto svolta.
Dopo questa premessa, la Corte ha approfondito l'analisi dell'articolo 2103, nella parte in cui prevede che i dipendenti adibiti a mansioni superiori per almeno sei mesi (erano tre mesi, prima dell'entrata in vigore del Jobs act), o per il diverso periodo stabilito dalla contrattazione collettiva, hanno diritto al livello superiore (a meno che tale adibizione non dipenda dall'esigenza di sostituire altri lavoratori assenti).
Tale disposizione è volta a offrire tutela giuridica alle situazioni di fatto in cui il mutamento di mansioni dipenda da esigenze strutturali, non temporanee o impreviste, del datore di lavoro: ciò che la norma stabilisce è il diritto dei lavoratori a essere inquadrati nel livello proprio delle mansioni effettivamente svolte in modo prevalente, nel corso di un ragionevole lasso di tempo.
Come devono essere affrontati i casi in cui le mansioni superiori siano state svolte per periodi intermittenti e non con continuità? Occorre accertare se il susseguirsi di assegnazioni da parte del datore di lavoro abbia avuto carattere imprevisto o comunque non pianificabile (allorquando ad esempio sia occorso in situazioni prive di elementi atti a chiarirne l'eccezionalità e ragionevolezza) o se la molteplicità di incarichi fosse stata programmata (e magari espressione di una volontà elusiva del datore).
Dal momento che la natura soggettiva di tale programmazione di incarichi succedutisi nel tempo può renderne difficile o quantomeno incerta e opinabile l'individuazione, la suprema Corte ha poi delineato le “circostanze obbiettive” da cui se ne possa evincere la sussistenza:
- la frequenza degli incarichi;
- la loro sistematicità;
- la rispondenza delle mansioni superiori alle esigenze strutturali del datore.