Stirpe: «Nuove relazioni industriali per creare più occupazione»
«Cambiare le relazioni industriali e la contrattazione per contribuire alla crescita del paese, ridurre le disuguaglianze, aumentare i salari e rendere le imprese più competitive spingendo sulla produttività. Con il fine ultimo di aumentare i posti di lavoro». Maurizio Stirpe conosce nei dettagli le quindici pagine del Patto della Fabbrica, firmato da Confindustria con Cgil, Cisl e Uil all’inizio di marzo dopo più di un anno di trattativa. Contratti, rappresentanza, welfare, sicurezza, formazione, partecipazione, politiche attive del lavoro: l’accordo affronta ad ampio raggio tutti gli aspetti delle relazioni industriali. «Ma l’obiettivo può essere sintetizzato in poche parole: più produttività, più crescita e più occupazione», continua Stirpe, vice presidente per le Relazioni industriali di Confindustria.
Oggi è la Festa del lavoro. Si svolge in un clima di collaborazione, dopo la firma unitaria del Patto della fabbrica. È stata l’esigenza di mettere l’occupazione al centro, dopo gli anni della crisi, a spingere le parti a superare antiche divisioni?
C’è stata la forte determinazione di tutti, al tavolo, di reagire alla crisi, consapevoli che le relazioni industriali sono un fattore di crescita e modernizzazione. L’accordo riconosce che solo con più produttività si può tendere all’obiettivo di aumentare i salari. Abbiamo individuato progetti comuni e su questi ora andremo avanti: da questo mese partiranno i tavoli tecnici sui singoli temi. E poi faremo la sintesi.
La contrattazione è stato uno dei maggiori ostacoli: sono stati individuati il trattamento economico complessivo, tec, e il trattamento economico minimo. Una “governance adattabile” come dice il testo alle diverse esigenze delle categorie?
Abbiamo cercato di tradurre in principi gli assetti e i contenuti della contrattazione, così come sono emersi dalla base territoriale, dal Coordinamento contrattuale e dal Gruppo tecnico delle relazioni industriali di Confindustria. Sono indicazioni semplici, per permettere ad ogni categoria di indossare l’abito più congruo, superando dualismi. Chi vuole spingere di più sul primo livello può farlo, fermo restando che il contratto nazionale deve operare dentro le riforme per la competitività; che si punta a un decentramento virtuoso della contrattazione, ancorato ad obiettivi di qualità ed efficienza; che una materia può essere affrontata solo ad un livello.
Una risposta al salario minimo legale che propongono alcuni partiti, tra cui M5S?
Questa eventualità ha giocato sull’intesa. La definizione del salario è tema delegato alla negoziazione tra le parti e il trattamento economico minimo è di fatto un minimo tabellare negoziato che viene adeguato all’inflazione tramite l’Ipca.
I prossimi rinnovi saranno il banco di prova...
Sì, mi auguro che tutte le categorie abbiano un percorso quanto più semplice e rapido possibile.
Altro nodo, la rappresentanza. Bisogna arrivare ad una misurazione effettiva dei sindacati dei lavoratori, ma anche delle imprese...
Con il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, vorremmo convocare un tavolo insieme alle altre organizzazioni dei datori di lavoro per valutare il loro punto di vista sul tema e verificare se possonono esistere gli elementi per una visione comune.
Al vostro interno c’è consenso?
Certamente. L’accordo ha richiesto tempo anche perché non è stato calato dall’alto ma è stato il frutto del dialogo con tutte le nostre componenti. I tempi sono maturi per i cambiamenti che contiene, sia per ciò che riguarda noi che per Cgil, Cisl e Uil.
La Festa del lavoro ha più di un secolo qui in Italia. Oggi quale significato ha?
È l’occasione per riflettere su tre temi principali: come aumentare l’occupazione dei giovani, quella delle donne, come prevenire gli infortuni nei luoghi di lavoro. Per i giovani è necessaria la terapia shock di cui parla Boccia, azzerare il cuneo fiscale, incentivando le forme di contratto a tempo indeterminato, oltre a spingere su una formazione adeguata. Sull’occupazione femminile, è necessaria una modernizzazione del nostro sistema culturale complessivo. Per la sicurezza, occorre fare uno sforzo sulla prevenzione, orientando anche i Fondi interprofessionali verso questo obiettivo. Anche Industria 4.0 può dare un contributo importante su questo versante. Saranno tutti temi che affronteremo nei prossimi tavoli con il sindacato. Con la volontà di arrivare ad un altro traguardo presto.