Stretta fiscale sulla trasformazione dello studio associato in Stp
Un fortissimo disincentivo alla trasformazione degli studi professionali associati in società tra professionisti (Stp): non si tratta infatti di un’operazione neutrale, ma è equiparabile a un conferimento, con la conseguenza che si verifica un realizzo di plusvalenze. Con l’unico sollievo che quanto viene tassato in sede di conferimento, in capo all’associazione professionale trasformata (e quindi in capo ai professionisti associati), non è più tassabile in capo alla Stp risultante dalla trasformazione.
È ciò che si legge nella risposta a interpello numero 107 di ieri, nella quale l’agenzia delle Entrate ha esaminato una istanza di uno studio associato di dottori commercialisti intenzionati a proseguire, senza soluzione di continuità, la loro attività sotto forma di una Stp in accomandita semplice, con l’idea di assegnarsi quote di capitale della Stp (taluno come socio accomandante, altri come soci accomandatari) nella stessa proporzione in cui essi partecipano agli utili derivanti dalla partecipazione all’associazione professionale.
A differenza di quanto ritenuto dall’interpellante, che ipotizzava di considerare l’operazione in termini di neutralità, le Entrate, ribadendo ancora una volta che il reddito prodotto da una Stp è reddito d’impresa e non di lavoro autonomo, affermano categoricamente due principi:
a) il regime fiscale applicabile alla «trasformazione» dell’associazione professionale in società tra professionisti è quello proprio delle operazioni di trasformazione che comportano l’ingresso o la fuoriuscita dei beni dal regime di impresa;
b) se poi l’operazione venga impostata sotto forma di «conferimento» dello studio associato in una Stp, si tratterebbe di una operazione fiscalmente rilevante, il cui corrispettivo è da determinarsi in base al valore normale dei singoli beni conferiti al momento della costituzione della Stp.
Sotto il primo profilo, l’operazione viene in effetti riconosciuta «equiparabile sul piano civilistico» alla trasformazione di «una società di fatto»; trattandosi, però, di una società che non svolge attività commerciale, in quanto produce reddito di lavoro autonomo, si ha la conseguenza che:
concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo (articolo 54, comma 1-bis, lettera a), Tuir) le plusvalenze dei beni strumentali realizzate mediante cessione a titolo oneroso; con la conseguenza che il valore delle plusvalenze è dato dalla differenza tra il corrispettivo e il costo non ammortizzato; e che, in assenza di corrispettivo (come accade nel caso del passaggio da studio associato a Stp), si ha riguardo alla differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato;
per i beni diversi da quelli strumentali e per i crediti conferiti si considera corrispettivo conseguito (articolo 9, comma 2, Tuir) il valore normale dei beni e dei crediti conferiti a seguito della trasformazione in Stp, il quale concorrerà alla formazione del reddito di lavoro autonomo.
In altre parole, quando la trasformazione comporta il mero mutamento della forma giuridica di una società, l’operazione è fiscalmente neutrale dal punto di vista delle imposte dirette (articolo 170 del Tuir), poiché si tratta di un evento che non comporta alcun effetto traslativo dei beni sociali i quali restano nella sfera patrimoniale dello stesso soggetto e quindi, sia prima che dopo l’operazione, sempre assoggettati al regime del reddito d’impresa. Invece, nel caso del passaggio da associazione professionale a Stp deve applicarsi l’articolo 171 del Tuir, e cioè la disciplina che regolamenta il passaggio da una società lucrative a un ente non commerciale oppure da un ente non commerciale a un soggetto Ires.
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di Filippo Maria Giorgi