Contrattazione

Sui contratti a termine sarebbe utile eliminare le causali per tutto l’anno

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di Aldo Bottini

L’emergenza Covid ha messo ancor più in evidenza le criticità delle limitazioni ai contratti a termine e alla somministrazione introdotte dal cosiddetto decreto Dignità. Il vincolo della causale per le proroghe oltre i 12 mesi e per i rinnovi ha spesso significato, puramente e semplicemente, la perdita del lavoro per moltissimi lavoratori.


Le deroghe per l’emergenza

Per porvi rimedio il governo è intervenuto a più riprese, introducendo meccanismi di deroga alle disposizioni generali sui rapporti a termine, diretti e in somministrazione. Dopo un primo intervento volto solo a rendere possibili proroghe e rinnovi anche in costanza di cassa integrazione (marzo 2020, decreto Cura Italia), si è finalmente deciso di consentire proroghe e rinnovi senza causale, ma soltanto per i contratti in corso al 23 febbraio 2020 e fino al 30 agosto 2020, data in cui comunque il rapporto doveva cessare.

Il decreto Agosto, con una tecnica legislativa diversa e per certi versi migliore, ha offerto la possibilità per una sola volta, entro il 31 dicembre 2020, di prorogare o rinnovare tutti i contratti (non più solo quelli in corso al 24 febbraio 2020), senza causale per un massimo di 12 mesi, fermo restando il limite di durata complessiva di 24 mesi.

La legge di Bilancio 2021 ha esteso questa possibilità fino al 31 marzo 2021. L’estensione temporale ha lasciato inalterate le altre condizioni, in particolare quella dell’unicità della proroga o del rinnovo acausali. Si tratta in pratica di un “bonus” che può essere utilizzato una sola volta nel periodo compreso tra il 15 agosto 2020 e il 31 marzo 2021. Ne consegue, come una recente risposta a interpello del ministero del Lavoro (n. 2/2021) ha confermato, che chi ha già utilizzato questa possibilità entro il 31 dicembre 2020, non può farvi ricorso una seconda volta.

Gli interventi per il futuro

Ora, probabilmente, in parallelo con l’annunciata proroga del blocco dei licenziamenti, sarà nuovamente spostato in avanti anche il termine per prorogare e rinnovare senza causale i contratti a termine. Piuttosto però che procedere in automatico, modificando nella norma solo la data, varrebbe la pena di riflettere se non sia il caso di mettere in atto un intervento più coraggioso e radicale, in un momento quanto mai delicato per l’occupazione, come dimostrano i dati riportati in questa pagina.

Se è vero, e lo afferma anche il ministero del Lavoro nella nota sopra citata, che la possibilità di prorogare e rinnovare senza causale i rapporti a termine aiuta a mantenere l’occupazione, sarebbe opportuno considerare l’eventualità di sospendere tout court l’obbligo di causale, senza il limite di una sola volta, fermo naturalmente il rispetto degli altri limiti di legge. E ciò quantomeno per l’anno in corso, se proprio non si vuole prendere atto che l’introduzione della causale ad opera del decreto Dignità è stato un errore.

Una maggiore flessibilità sui contratti a termine e sulla somministrazione, in un momento in cui la visibilità delle aziende sulle prospettive future è estremamente ridotta, aiuterebbe a ridurre gli impatti negativi dell’emergenza pandemica sui livelli occupazionali.

Peraltro, agevolare il mantenimento dei rapporti a termine consente anche, come osserva ancora il ministero del Lavoro, di evitare il ricorso agli strumenti di sostegno al reddito, in attesa di ricollocazione, che invece sarebbe necessario attivare in favore dei lavoratori cessati. Il che, in questa fase, certo non guasta.

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