Rapporti di lavoro

Ultimi mesi di uscite volontarie dal lavoro con incentivo e Naspi

Aperta fino a quando sarà in vigore il blocco dei licenziamenti la possibilità di stipulare un accordo sindacale che preveda l’uscita con il pagamento di un incentivo all’esodo

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di Giampiero Falasca

Resta aperta fino a che sarà in vigore il blocco dei licenziamenti la possibilità di stipulare un accordo sindacale che preveda l’uscita, su base volontaria, dei lavoratori, con il pagamento di un incentivo all’esodo (Dl 104/2020, articolo 10, comma 3). È un meccanismo previsto da tutte le norme che, di volta in volta, hanno prorogato la moratoria sui licenziamenti, che non prevede una vera e propria deroga al divieto ma offre un percorso alternativo per gestire la riduzione di personale. Il divieto di licenziamento per motivi economici è applicabile fino al 30 giugno e, per le imprese che fruiscono del Fis e della cassa in deroga, fino al 31 ottobre 2021.

L’accordo sindacale

Per attivare il meccanismo degli esodi incentivati, serve un accordo sindacale, che deve essere stipulato a livello aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. La legge non chiarisce se è sufficiente la sottoscrizione delle Rsu o delle Rsa, o se è necessario coinvolgere le organizzazioni sindacali territoriali di categoria.

Le intese consentono alle parti di definire un percorso alternativo alla risoluzione traumatica dei rapporti di lavoro. Il percorso si fonda su tre elementi: la volontarietà, l’incentivo all’esodo e l’accesso alla Naspi.

La volontarietà si traduce nell’impossibilità di forzare i dipendenti ad aderire all’accordo: ciascuno dei lavoratori rientranti nella platea può decidere oppure no di risolvere consensualmente il rapporto di lavoro. L’incentivo all’esodo è definito dall’accordo, e viene pagato dall’azienda – nella misura definita tra le parti – come corrispettivo per la scelta di risolvere il rapporto.

La Naspi (indennità di disoccupazione) viene erogata in deroga alle regole ordinarie, che impediscono l’accesso al trattamento per i casi di risoluzione consensuale del rapporto, in ragione dell’eccezionalità della situazione, e spetta nella stessa misura e alle stesse condizioni applicabili in caso di licenziamento.

Questi sono i parametri generali fissati dalla legge: le parti stipulanti possono adattarli in funzione di ciascuna realtà aziendale, fissando criteri e condizioni aggiuntive (un numero massimo di adesioni all’incentivo, la regola per fissare la somma dovuta a ciascun aderente, i termini temporali per aderire, e così via) coerenti con il caso concreto.

L’unico aspetto che le intese non possono derogare è quello già ricordato della volontarietà: trattandosi di risoluzioni consensuali, non è possibile prevedere meccanismi che forzino le scelte dei singoli.

L’importo dell’incentivo

La difficoltà maggiore di questa negoziazione riguarda, probabilmente, l’importo dell’incentivo all’esodo. Un lavoratore intenzionato ad aderire all’accordo valuterà, inevitabilmente, la convenienza dell’incentivo in funzione dei mesi di tutela legale del posto di lavoro che sono comunque offerti dalla normativa: se l’azienda non può licenziare prima del mese di novembre del 2021, il lavoratore sa già di aver diritto alle retribuzioni fino a quella data e anche oltre, fino al compimento del percorso necessario ad avviare e completare un eventuale licenziamento per motivi economici, tanto individuale quanto collettivo.

Senza dimenticare che il divieto di licenziamento esiste da quando è scoppiata la pandemia (la data inziale di decorrenza risale al 23 febbraio del 2020) ed è stato ripetutamente prorogato: in questo contesto, l’incentivo all’esodo può essere accattivante solo se supera le aspettative di prosecuzione della moratoria.

Anche la definizione delle modalità di adesione all’accordo è rimessa alle parti, che possono prevedere una semplice scrittura privata di risoluzione del rapporto oppure – ipotesi molto più probabile e frequente – possono subordinare l’efficacia della risoluzione alla firma di un accordo in “sede protetta” in base all’articolo 2113 del Codice civile e agli articoli 410 e 411 del Codice di procedura civile, tramite il quale il lavoratore rinuncia a qualsiasi potenziale rivendicazione connessa al rapporto, anche riferita a fatti diversi dalla risoluzione e antecedenti a essa.

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