Contrattazione

Il welfare aziendale non vale per la «parità contrattuale»

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di Nevio Bianchi, Barbara Massara

Il rispetto degli obblighi previsti da contratti e accordi collettivi deve essere valutato considerando il trattamento economico e normativo effettivamente riconosciuto al dipendente, non fermandosi alla mera applicazione delle norme contrattuali.

È questa l’indicazione che l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce ai propri ispettori nella circolare 7 del 6 maggio 2019, esortandoli a entrare nel merito dei trattamenti garantiti ai lavoratori, anziché limitarsi alla verifica formale della puntuale applicazione dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionali.

Attraverso questa indicazione, l’Inl fornisce un’interpretazione estensiva e non meramente letterale dell’articolo 1, comma 1175, della legge 296/2006, che dal 1° gennaio 2007 ha condizionato il riconoscimento dei benefici contributivi e normativi in materia di lavoro e previdenza anche al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli di secondo livello regionali, territoriali o aziendali.

Viene quindi superata l’interpretazione letterale di questa norma che fino a oggi ha ispirato il comportamento di molti ispettori, i quali laddove ravvisavano la mancata integrale applicazione dei contratti disconoscevano automaticamente il diritto alle agevolazioni contributive e normative.

Agli ispettori viene da oggi richiesto di fare un’analisi più approfondita, che entri nel merito dei trattamenti effettivamente riconosciuti, al fine di verificare se questi siano equivalenti o superiori a quelli previsti dagli accordi applicati, e quindi idonei a legittimare la fruizione dei benefici di legge previsti.

La circolare contiene altresì un’ulteriore importante precisazione, secondo cui, al fine di verificare l’equivalenza dei trattamenti effettivi garantiti rispetto a quelli contrattualmente previsti, non devono essere presi in considerazione quei trattamenti «sottoposti in tutto in parte a regime di esenzione contributiva e/o fiscale, come ad esempio avviene per il welfare aziendale».

Con questa precisazione l’Ispettorato intende ricondurre l’erogazione dei beni, servizi e rimborsi che costituiscono il welfare aziendale all’effettiva natura dello stesso, delegittimando i comportamenti di coloro che ritengono che qualsiasi trattamento economico possa essere trasformato nei cosiddetti flexible benefits individuati dall’articolo 51, commi 2-4 del Testo unico delle imposte sui redditi.

Laddove pertanto l’ispettore dovesse riscontrare che, in luogo di un trattamento economico previsto dal Ccnl, il datore di lavoro riconosca l’erogazione di beni e servizi esenti, ne conseguirebbe la perdita dei benefici normativi e contributivi fruiti.

circolare 7/2019

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