Rapporti di lavoro

Welfare aziendale tramite strutture non di proprietà del datore di lavoro

di Cristian Valsiglio

Ai fini dell'introduzione di formule di welfare aziendale che possano sfruttare agevolazioni di carattere fiscale, e quindi contributive, risulta particolarmente interessante se non fondamentale la norma presente alla lett. f) del comma 2 dell'art. 51 del Tuir, la quale ritiene che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente “l'utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell'articolo 100 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell'articolo 13”.
Sotto l'aspetto prettamente oggettivo l'art. 51, co. 2, lett. f) del Tuir, quindi, rimanda alle opere e ai servizi di cui al comma 1 dell'art. 100 del Tuir che, rubricata oneri di utilità sociale, prevede, ai fini del redditi di impresa, che: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
A tal fine ci si è chiesti se potessero essere agevolati i soli servizi erogati direttamente dal datore di lavoro (ad esempio palestre o circoli interaziendali gestiti e di proprietà dell'azienda) ovvero anche i servizi erogati da terzi.
Sul punto, contrariamente a quanto inizialmente indicato dal Ministero (v. Circ. Min. Fin. 238/E/2000) la Risoluzione agenzia delle Entrate 10 marzo 2004, n. 34/E, con specifico riferimento ad un servizio di check-up medico offerto alla generalità dei dipendenti, ritenuto in linea con l'agevolazione di cui alla lett. f) del comma 2 dell'art. 51 T.u.i.r., ha precisato che: “L'esclusione dalla tassazione opera, a parere della scrivente, anche nell'ipotesi in cui detti servizi siano messi a disposizione dei dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all'azienda. Ciò in quanto considerare o meno come bene in natura (e quindi assoggettare o meno a tassazione) l'utilizzo di un'opera o di un servizio messo a disposizione volontariamente dal datore di lavoro a seconda se le strutture impiegate siano o meno di proprietà dello stesso datore di lavoro determina una ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che ricevono un beneficio sostanzialmente identico. Peraltro, affinché la disposizione dell'art. 51, comma 2, lettera f), possa tornare applicabile nell'ipotesi in cui le strutture utilizzate non siano di proprietà del datore di lavoro, il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l'azienda e l'effettivo prestatore del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda in relazione all'obiettivo di fornitura del servizio sanitario”.
Sostanzialmente l'indicazione di prassi qui citata consente il beneficio fiscale anche per quelle opere o servizi di utilità sociali in strutture non di proprietà dell'azienda alle seguenti condizioni:
a) Il dipendente deve risultare estraneo al rapporto tra l'azienda e l'effettivo prestatore del servizio;
b) Il dipendente non deve essere diretto beneficiario dei pagamenti effettuati dall'azienda in relazione alla fornitura del servizio agevolato.
In conclusione, le opere e i servizi devono essere concessi ai lavoratori dal datore di lavoro in forma di erogazioni in natura (anche tramite strutture terze) e non di rimborsi monetari per spese anticipate dal lavoratore, reale contraente del servizio. Infatti, come precisato dalla Risoluzione agenzia delle Entrate 10 marzo 2004, n. 34/E “sono escluse da tassazione solo l'utilizzazione di opere e servizi da parte dei dipendenti; eventuali somme erogate dal datore di lavoro al dipendente in relazione a tali opere e servizi devono, invece, essere assoggettate integralmente a tassazione”.

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