L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Demansionamento del lavoratore

di Mariano Delle Cave

La domanda

D: Un dipendente è stato demansionato nel gennaio 2012 e a febbraio ha inviato al datore di lavoro una lettera di richiesta di ripristino delle mansioni originarie, a cui il datore di lavoro non ha mai risposto; le mansioni originarie a oggi non sono state ripristinate, pur mantenendo la retribuzione e il livello originari. Se il lavoratore non invia altre contestazioni al datore di lavroro e continua a svolgere le mansioni inferiori, esiste un termine oltre il quale queste mansioni si intendono accettate? Il datore di lavoro può quindi continuare ad assegnarlo a mansioni inferiori?

La risposta al quesito è essenzialmente contenuta nell’articolo 2.103 del Codice civile. Questa norma impone al datore di lavoro di adibire il lavoratore alle mansioni corrispondenti alla categoria superiore che lo stesso abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della distribuzione. L'art. 2103 c.c. precisa che il patto contrario è nullo: e cioè che anche se il lavoratore acconsentisse a mansioni inferiori, può sempre impugnare il patto, senza limiti di decadenza o di prescrizione, per rivendicare le mansioni assegnate da contratto o a quelle equivalenti. Parte della giurisprudenza ha ritenuto legittimo il patto di demansionamento solo in limitati casi eccezionali: ad esempio quello per salvaguardare il posto di lavoro, se la posizione precedentemente assegnata è stata definitivamente soppressa. In questi casi, e purchè l'accordo sia genuino, si può sostenere - secondo un orientamento - una deroga al principio di nullità di patti contrari. Sono invece soggette all'ordinaria prescrizione decennale le conseguenti domande di natura patrimoniale scaturenti da tale demansionamento, mentre a prescrizione quinquennale quelle extracontrattuali.

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