Contenzioso

Obbligo di regolarizzazione contributiva nella causa tra datore di lavoro e lavoratore, effetti sull’Inps

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di Silvano Imbriaci

Con un'ordinanza "riepilogativa" dello stato della questione, ma non per questo meno utile, la sezione Lavoro della Corte di cassazione del 7 febbraio 2019, n. 3661, mette in fila una serie di principi su un tema denso di conseguenze pratiche come quello degli effetti di pronunce nelle controversie tra datore di lavoro e lavoratore, che dispongano anche della regolarizzazione previdenziale, in assenza dell'Inps, nel diverso rapporto tra datore di lavoro e ente previdenziale in punto di obbligazione contributiva.

In termini più concreti, stiamo parlando delle reciproche connessioni e influenze nel rapporto contributivo/previdenziale che vede intersecarsi i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore (per il pagamento della retribuzione e per le istanze di regolarizzazione della posizione previdenziale), datore di lavoro ed ente previdenziale (per quanto attiene all'obbligo contributivo) e tra ente previdenziale e lavoratore (per quanto riguarda la verifica dei presupposti – anche lavorativi/ contributivi necessari ai fini dell'attribuzione della prestazione previdenziale). Tema che vede implicazioni anche più complesse se si debbano misurare, come nel caso di specie, gli effetti processuali di decisioni che coinvolgono due sole parti del rapporto trilatero (come in questo caso lavoratore e datore di lavoro), quando sia accertato il venir meno dell'obbligo retributivo per un determinato periodo. La Cassazione giustamente riconduce il tutto al problema della natura del rapporto previdenziale e delle tutele concesse al lavoratore in ordine alla propria posizione previdenziale, con l'affermazione in sede giurisprudenziale di alcuni principi che è bene ricordare:
- il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento della contribuzione previdenziale a proprio favore (l'integrità della posizione assicurativa costituisce un bene tutelato direttamente);
- ove il datore di lavoro metta in pericolo l'integrità della posizione contributiva (omettendo il versamento di contribuzione obbligatoria) il lavoratore deve ricevere tutela o mediante l'applicazione diretta del principio di automatismo, o, nel caso di intervenuta prescrizione che rende il credito contributivo inesigibile per legge, mediante il recupero attraverso l'esercizio di un'azione di risarcimento danni nei confronti del datore di lavoro (cfr. art. 2116 del Codice civile);
- da un punto di vista processuale il lavoratore può agire e chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi non versati, ma deve convenire in giudizio l'ente previdenziale (Cass. n. 19398/2014);
- nel caso in cui la contribuzione sia prescritta si apre la strada all'azione risarcitoria, ove il danno è rappresentato dalla perdita totale o diminuzione dell'importo del trattamento previdenziale /pensionistico; in alternativa, sussistendone i requisiti, il datore di lavoro può costituire (o essere condannato a costituire) una rendita vitalizia ex art. 13 della legge 1338/1962 a favore del lavoratore (pari alla quota di pensione che sarebbe spettata con il regolare versamento contributivo);
- il lavoratore, una volta che abbia verificato l'omissione contributiva, ha facoltà di denunciare tale omissione non solo al datore di lavoro ma anche allo stesso ente previdenziale, quale soggetto legittimato al recupero dei contributi non versati; ove l'ente non si attivi e il credito sia prescritto, il lavoratore mantiene il diritto alla regolarizzazione, quale tutela finale.

Nel caso di specie, mancando atti interruttivi di provenienza Inps, o di atti del lavoratore espressamente indirizzati all'Istituto antecedenti al ricorso introduttivo del giudizio, la Cassazione ha ritenuto di condividere il giudizio di merito che aveva negato al lavoratore la domanda di condanna della società al pagamento delle somme anche per contributi. Non meno interessante, infine, l'accertamento degli effetti dell'accertamento dell'inesistenza dell'obbligo retributivo. Accertata l'insussistenza di tale obbligo a carico del datore di lavoro, non è configurabile neanche il credito contributivo in quanto la retribuzione è strettamente collegata con la prestazione effettiva del lavoro e il rifiuto di prestare attività lavorativa comporta l'inesistenza del diritto alla configurazione del diritto che presuppone la sinallagmaticità tra le prestazioni.

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