Contenzioso

La Corte di giustizia Ue sull'assegno per i figli a carico nel contratto di lavoro a tempo parziale

di Silvano Imbriaci

La questione affrontata da questa decisione della Corte di Giustizia, pur riguardando una vicenda di diritto del lavoro austriaco, offre vari spunti di riflessione utili per comprendere il punto di vista comunitario in materia di prestazioni sociali. Il caso è il seguente: un contratto collettivo stipulato tra un sindacato e un'organizzazione datoriale prevede che i contratti di lavoro subordinato relativi ad un determinato settore economico contengano disposizioni affinché il datore di lavoro corrisponda ai lavoratori subordinati, anche a tempo parziale, un assegno per i figli a carico, integrativo dell'assegno familiare previsto dalla legge statale. Occorre premettere che in ambito europeo le confederazioni dei datori di lavoro e dei sindacati dei lavoratori hanno sottoscritto fin dal 1997 l'Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (recepito dal legislatore comunitario nella Direttiva n. 97/81/CE), all'interno del quale una specifica norma (clausola 4) enuncia il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno nonché la opportunità di applicare, ove possibile, il principio del pro rata temporis che in ambito lavorativo impone di commisurare il livello di retribuzioni alla durata dell'orario di lavoro. La questione affrontata dalla Corte riguarda dunque la legittimità di una modulazione dell'importo degli assegni per i figli a carico (previsti dalla contrattazione collettiva) in ragione della quantitativamente minore attività lavorativa del lavoratore part-time. Secondo la prospettazione dei lavoratori, tale limitazione non ha ragion d'essere, in quanto tale erogazione avrebbe i caratteri di una prestazione di sicurezza sociale (ai sensi del regolamento CE n. 883/2004). Sul punto la risposta della Corte di Giustizia è netta. Nel caso di specie non può assolutamente parlarsi di prestazione erogata dallo Stato, in quanto tale erogazione costituisce un pagamento in esecuzione di un accordo contenuto in un contratto collettivo. Questo elemento risulta decisivo per impedire la qualificazione del trattamento come prestazione di sicurezza sociale; si tratta infatti di una vera e propria componente della retribuzione, nel senso descritto dall'art. 157 TFUE, poiché costituisce un vantaggio che il lavoratore riceve, in denaro, dal proprio datore di lavoro a fronte della sua attività (v. sentenza 9 febbraio 1982, Garland, C- 12/81: “laddove un vantaggio attribuito ad un lavoratore subordinato derivi dal rapporto di lavoro, l'esatta qualificazione giuridica del vantaggio è irrilevante al fine di determinare se esso costituisca “retribuzione”). Dal momento che, dunque, l'assegno per i figli a carico di cui trattasi costituisce una forma di retribuzione, ne consegue che non vi sono ostacoli all'applicazione del principio del pro rata temporis. Sotto questo profilo è irrilevante che l'assegno sia destinato ad una finalità a carattere sociale (nella specie, a parziale compensazione delle spese a carico del lavoratore per il mantenimento del figlio); tale circostanza non muta la qualificazione giuridica di questa remunerazione, che dunque può essere proporzionalmente ridotta (operazione, peraltro, possibile in quanto prestazione a carattere divisibile). E' vero che non sembra rinvenirsi un collegamento effettivo, a livello contrattuale, tra erogazione dell'assegno in busta paga e ore effettivamente lavorate; tuttavia prevale il collegamento tra sua erogazione e rapporto di lavoro, nel senso che l'obbligo a carico del datore di lavoro deriva direttamente dalla previsione contenuta nel contratto di lavoro. Ciò che rileva è l'assenza di una obbligazione di fonte legale a carico del datore di lavoro (nell'erogazione dell'assegno), trattandosi invece di una obbligazione scaturita da un accordo contrattuale. Nella giurisprudenza della Corte, quindi, assume valore fondamentale non tanto la finalità della prestazione economica attribuita al lavoratore, quanto la fonte (legale o contrattuale) da cui essa è disciplinata. Sotto questo aspetto, appare poco praticabile un raffronto diretto del caso deciso dalla Corte con la disciplina in materia di assegno per il nucleo familiare prevista dalla legislazione italiana, sia perché nell'ipotesi esaminata si trattava comunque di una erogazione integrativa rispetto agli assegni familiari stabiliti per legge, sia per il fatto che, nonostante sia prestazione anticipata direttamente dal datore di lavoro in busta paga, il nostro ordinamento individua quale soggetto effettivamente obbligato l'ente previdenziale.

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