Contenzioso

Non spetta al giudice ordinario decidere sulla legittimità del taglio ai vitalizi

di Stefano Perazzelli

La Corte di Cassazione con sentenza resa a Sezioni Unite n. 18265 in data 8 luglio 2019 ha escluso la possibilità per gli ex parlamentari di adire la magistratura ordinaria al fine di contestare il provvedimento che ha disposto la riduzione dei vitalizi.
Non si tratta, quindi, di una pronuncia sul merito del provvedimento ma unicamente di un intervento chiarificatore per quanto riguarda il giudice competente a decidere sul tema. La Suprema Corte ha escluso sussistere, in capo alla magistratura ordinaria, il potere di decidere trattandosi di questione riservata agli organi di autodichia delle camere.
La vicenda trae origine dall'attivazione dello strumento del regolamento preventivo di giurisdizione da parte di un ex parlamentare al fine di accertare il proprio diritto ad accedere alla giustizia ordinaria in luogo di quella interna alla camera cui apparteneva. Lo stesso ricorrente aveva visto, infatti, ridursi la somma percepita a titolo di vitalizio per un ammontare pari al 44 percento.
Il parlamentare aveva già proposto, prima di adire la Suprema Corte, ricorso presso il Consiglio di Giurisdizione della Camera dei deputati. Solo successivamente, al fine di conseguire un accertamento relativo alla presunta carenza di giurisdizione in capo al Consiglio, aveva adito la Corte di Cassazione in sede di regolamento preventivo. La pronuncia in commento, quindi, dichiara l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire però fornisce comunque la propria interpretazione dell'istituto.
La Corte ha inteso porsi in continuità con i recenti arresti della Corte Costituzionale che si è pronunciata con sentenze n. 120 del 2014 e 262 del 2017 a favore della piena compatibilità costituzionale del regime di autodichia. Sotto tale concetto si intende la capacità di una istituzione, ed in particolar modo degli organi costituzionali che siano muniti di autonomia organizzativa e contabile, di decidere direttamente per mezzo di un giudizio interno ogni controversia attinente all'esercizio delle proprie funzioni senza che istituzioni giurisdizionali esterne possano esercitare sui relativi atti controlli e sindacati di sorta.
L'istituto del c.d. vitalizio è indissolubilmente legato a quello dell'indennità per i parlamentari in carica rappresentando il primo la proiezione del secondo per il periodo successivo alla cessazione dell'incarico politico. Esso viene normativamente previsto al fine di sterilizzare gli eventuali impedimenti economici successivi al venire meno della carica che potrebbero minare l'indipendenza del parlamentare. Sotto il richiamato profilo, i due istituti non possono essere scissi pertanto il fatto che il ricorrente non sia un membro effettivo del parlamento in carica non costituisce elemento idoneo a sottrarre le relative controversie al regime di autodichia.
Si evidenzia, peraltro, che condizionare l'attribuzione della giurisdizione all'attualità della carica comporterebbe il rischio che si producano conflitti di giudicato. Qualora, infatti, il membro in carica sia obbligato ad adire gli organi interni alle camere mentre l'ex parlamentare disponesse della possibilità di accedere alla giurisdizione ordinaria, sarebbe possibile che i due organi decidessero in modo diverso questioni identiche compromettendo l'armonia del sistema.
La Corte viene implicitamente a fornire, allora, un criterio per il riparto di giurisdizione anche con riferimento all'altra casistica frequente ovvero quella dei coniugi o degli eredi che percepiscono il trattamento in reversibilità con riferimento ad ex parlamentari deceduti. Anche per tale fattispecie si giunge, applicando i criteri di cui alla motivazione in commento, alla conclusione della negazione del diritto di accesso alla giurisdizione ordinaria.
E' tutt'altro che una bocciatura di merito, allora, quella che giunge dalla Corte con riferimento alla misura di riduzione dei vitalizi. La pronuncia in commento non ha minimamente affrontato la legittimità della misura di riduzione ne, tantomeno, le questioni giuridiche sottese alle controverse attualmente pendenti innanzi agli organi interni alle camere.
Resta allora ancora aperto il dibattito relativo alla possibilità di incidere su diritti quesiti in epoca successiva al relativo riconoscimento nonché alla presunta assenza della finalità solidaristica prevista dai provvedimenti adottati.

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