Per valutare se l’attività nel call center è autonoma conta il rischio d’impresa e l’inserimento nell’organizzazione
Si discute, nel caso affrontato dalla decisione della Corte di cassazione sezione lavoro numero 16037 del 14 giugno 2019, della natura dei rapporti di lavoro dei collaboratori di un'azienda commerciale (avente a oggetto la vendita di occhiali e accessori) tramite il proprio sito web e nella quale l'attività lavorativa si risolve sostanzialmente nella evasione degli ordini pervenuti online, nell'attività di call center e nella programmazione del sito web.
La questione è spesso ricorrente, in queste modalità di lavoro. Da una parte, infatti, occorre verificare in quale misura la società committente (o il datore di lavoro in senso sostanziale) possa disporre della prestazione lavorativa dei collaboratori, nella misura in cui questi rimangano, in fondo, liberi di prestare la propria attività nelle ore prestabilite, potendo anche non presentarsi e non rendere alcuna prestazione (è il caso dei call center outbound): in questo caso è difficile riconnettere il rapporto all'interno della subordinazione senza alcuna perplessità.
Secondo gli orientamenti più recenti della Cassazione, infatti, in tema di qualificazione del rapporto di lavoro nell'ambito di un call center, va esclusa l'esistenza della subordinazione laddove la prestazione lavorativa sia contrassegnata dall'assenza di vincoli di orario e dalla mancata sottoposizione al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, risultando per contro compatibili con la configurabilità del lavoro autonomo il fatto di dovere periodicamente comunicare la fascia oraria di operatività, nonché l'esercizio di saltuari controlli da parte del "team leader" (Cassazione civile, sezione VI , 30 gennaio 2019, numero 2724).
Per altro verso, occorre verificare se possono essere applicati al personale delle vendite online (e delle connesse attività di call center) i parametri classici per la determinazione dell'area della subordinazione. Infatti, posto che la subordinazione può essere intesa, secondo l'insegnamento tradizionale, come soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo del datore, che inerisca alle concrete modalità di svolgimento dell'attività lavorativa (Cassazione 3930/1989), quando questo elemento sia più sfumato e di non facile individuazione, soccorrono altri criteri, quali l'oggetto della prestazione, l'organizzazione dell'impresa, l'incidenza del rischio, l'inserimento del lavoratore all'interno dell'impresa, il sistema di retribuzione, l'orario di lavoro. Tali criteri, peraltro, con le sostanziali modifiche nell'organizzazione dell'attività imprenditoriale in genere, negli ultimi tempi soprattutto, necessitano di una lettura più elastica, che si risolve nell'assunzione per contratto dell'obbligazione di porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie continuative e impegnarle con continuità, fedeltà e diligenza (Cassazione 9167/2001).
Non sono molti gli strumenti con cui porre a confronto le effettive modalità di svolgimento dell'attività lavorativa. Ad esempio, la verifica dell'oggetto della collaborazione, sufficientemente generico nella parte in cui non viene individuato uno specifico opus: il lavoratore mette a disposizione le proprie energie a favore del datore di lavoro non per specifici e delimitati compiti, ma per lo svolgimento delle attività ogni volta necessarie per la realizzazione dell'attività commerciale tramite la vendita online. Valgono anche, quali elementi indicativi, la proprietà dei "mezzi di produzione", il luogo in cui si svolge l'attività (in questo caso presso la sede aziendale), e le modalità di determinazione del corrispettivo (determinato in misura fissa), tali da rendere infinitesimo o nullo il rischio economico del lavoratore. Alcuni di questi indici si devono poi adattare alle specifiche modalità di svolgimento dell'attività aziendale; pur trattandosi di commercio di oggetti, non essendoci un'esposizione materiale degli stessi in una vetrina, la presenza o meno di un rigido orario di lavoro è elemento abbastanza marginale ai fini della ricostruzione della natura del rapporto.
L'importante è che l'attività dei collaboratori si inserisca a pieno titolo nell'organizzazione imprenditoriale e che la stessa sia suscettibile di controlli quanto al rendimento, al contenuto e al risultato.
In questa prospettiva, quando l'attività di call center risulti funzionale alla commercializzazione del prodotto, o complementare alla vendita effettuata online, le circostanze che assumono rilevanza preponderante per l'identificazione dei rapporti come subordinati finiscono per essere l'assenza di un rischio imprenditoriale/economico effettivo in capo ai collaboratori e la messa a disposizione delle energie lavorative per gli incombenti necessari ai fini del corretto svolgimento dell'attività commerciale. Non tutte le volte, quindi, l'attività di call center può essere descritta all'interno dell'area dell'autonomia, dovendosi ogni volta verificare il contesto in cui la stessa si svolge e le modalità con cui si inserisce all'interno dell'organizzazione imprenditoriale.