L'esperto rispondeContrattazione

Le conseguenze della risoluzione del contratto prima del termine

di Marco Di Liberto

La domanda

Un’azienda con meno di 15 dipendenti che applica il Ccnl Commercio Confcommercio, decide di risolvere in maniera unilaterale un contratto a tempo determinato stipulato ad aprile 2019 e con scadenza al 31 ottobre 2019. L’azienda vorrebbe inviare una lettera di risoluzione anticipata unilaterale e conseguentemente retribuire tutte le mensilità a cui avrebbe avuto diritto fino alla naturale scadenza del contratto (con calcolo di Tfr, ratei di mensilità aggiuntive e ferie e permessi). Si richiede pertanto un parere sulla legittimità di questa procedura e sulle possibili conseguenze in caso di impugnazione del provvedimento.

Il datore di lavoro può recedere da un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato prima della scadenza del termine apposto a tale contratto esclusivamente in presenza di una giusta causa di recesso ex articolo 2119 c.c., ossia di un comportamento del lavoratore che risulti di gravità tale da ledere il vincolo fiduciario sotteso al rapporto lavorativo, e da non consentirne la prosecuzione neanche in via provvisoria, oltre che in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione. Sul punto la giurisprudenza ha unanimemente sancito che l’eventuale illegittimità del licenziamento irrogato ante tempus ad un lavoratore assunto a tempo determinato non comporta di per sé stessa né la trasformazione del rapporto a termine in un contratto a tempo indeterminato, né la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, bensì la condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni e degli accessori dovuti fino all’originaria scadenza del termine apposto al contratto, a titolo di risarcimento del danno (ex plurimis, Cass. 22.8.2016, n. 17240; Trib. Roma 26.10.2017; Cass. 1.6.2005, n. 11692; Cass. 1.7.2004, n. 12092). Pertanto, qualora nel caso in esame la società volesse recedere dal rapporto di lavoro a tempo determinato prima della naturale scadenza del 31 ottobre 2019, occorrerebbe in primo luogo verificare quali siano i motivi alla base del prospettato recesso da tale rapporto lavorativo, ragioni che il quesito in esame non indica: se sussistesse una giusta causa di recesso nei termini sopra indicati, il datore di lavoro potrebbe recedere dal suddetto rapporto lavorativo all’esito della relativa procedura disciplinare ex art. 7 della L. 300/1970, e non sarebbe tenuta a versare alcunché per il periodo successivo al recesso; diversamente, ove la società recedesse prima della scadenza del termine per ragioni non riconducibili né ad una giusta causa, né ad una impossibilità sopravvenuta della prestazione, da tale atto conseguirebbe il diritto del lavoratore a percepire le retribuzioni e gli accessori dovuti dalla data del recesso sino alla naturale scadenza contrattuale del 31.10.2019. Sotto tali profili, risultano irrilevanti sia la circostanza che tale società occupi non più di quindici lavoratori subordinati, sia il fatto che il rapporto di lavoro di cui trattasi sia soggetto al CCNL per i dipendenti di aziende del settore del terziario, della distribuzione e dei servizi (“CCNL Commercio Confcommercio”), poiché le conseguenze risarcitorie sopra esposte non mutano né in ragione del requisito dimensionale della società, né in base al contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, che nel caso in esame non prevede in ogni caso una diversa regolamentazione delle conseguenze derivanti dal recesso ante tempus da un rapporto a termine. Sotto altro profilo, e solo qualora a seguito dell’anticipata cessazione del rapporto il lavoratore eccepisse la nullità del termine apposto al rapporto lavorativo di cui trattasi, agendo in giudizio ed ottenendo la conversione del rapporto a tempo indeterminato, il datore di lavoro sarebbe condannato al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, di un’indennità onnicomprensiva, compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr: in tal caso, la suddetta indennità risarcitoria “coprirebbe” il periodo decorrente dalla data di scadenza naturale del rapporto di lavoro del 31 ottobre 2019 sino alla suddetta pronuncia giudiziale, aggiungendosi agli emolumenti già corrisposti dalla società per il periodo compreso tra l’anticipata cessazione del rapporto e la data di originaria scadenza del termine apposto al contratto. Sotto tale ultimo profilo, si rammenta che l’ammontare dell’indennità risarcitoria conseguente all’accertata illegittimità del termine è stabilita dal Giudice sulla base dei criteri di cui all’art. 8 della Legge 604/1966, ossia in ragione del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del prestatore di lavoro e del comportamento e delle condizioni delle parti: in tal senso, il fatto che la società occupi non più di quindici dipendenti, nonché la breve durata del rapporto di lavoro, di circa sei mesi, e il comportamento sostanzialmente corretto e diligente del datore di lavoro a seguito del recesso, allorché ha corrisposto di propria iniziativa tutti gli emolumenti maturati sino alla data di naturale scadenza del rapporto, potrebbero indurre il Giudice a contenere l’indennità risarcitoria nei minimi sopra indicati.

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