Rapporti di lavoro

Il diritto alla disconnessione in Italia c’è ma senza sanzioni per chi lo viola

di Giuseppe Merola

L’uso degli strumenti informatici da parte del lavoratore costituisce sempre più una condizione essenziale per soddisfare le esigenze di business e adeguarsi ai mutevoli modelli organizzativi aziendali. Stiamo assistendo a un inarrestabile e, a volte anche, incontrollabile fenomeno di digitalizzazione che interessa, ormai da tempo, anche il rapporto di lavoro. Lo smart working è sicuramente l’occasione che più di tutte ci dà la possibilità di toccare con mano la portata di questo cambiamento. Sennonché, se da un lato la digitalizzazione del lavoro porta con sé indubbi vantaggi, dall’altro presenta anche una criticità: quella dell’essere sempre (o quasi sempre) connessi. Condizione questa che, specie se prolungata nel tempo, può mettere a serio rischio la salute del lavoratore, senza considerare i pregiudizi per la vita personale e familiare.

Al dichiarato scopo di prevenire e contrastare tali rischi e assicurare la protezione dei diritti fondamentali della persona altrettanto meritevoli di tutela, il Parlamento Europeo è intervenuto il 21 gennaio con una risoluzione nella quale ha espressamente invitato la Commissione europea a presentare una proposta di direttiva che garantisca ai lavoratori il diritto alla disconnessione dagli strumenti informatici utilizzati per svolgere l’attività lavorativa. Il Parlamento europeo detta talune prescrizioni minime che gli Stati membri dovranno adottare perché i datori di lavoro garantiscano ai lavoratori i mezzi necessari per esercitare il diritto alla disconnessione e li informino adeguatamente sul diritto a scollegarsi dagli strumenti digitali.

Al lavoratore che si disconnette è riservata una tutela rinforzata contro possibili trattamenti sfavorevoli attuati dal datore di lavoro (come ad esempio discriminazioni o, addirittura, il licenziamento). Gli Stati membri dovranno anche preoccuparsi di emanare norme che prevedano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni sul diritto alla disconnessione. In questo contesto, anche l’Italia dovrà recepire le nuove regole europee sul diritto alla disconnessione. A dire il vero, la legislazione italiana non è completamente impreparata sotto questo punto di vista. La legge 81/2017 sullo smart working prevede che nell’accordo individuale debbano essere individuate le «misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro». La nostra normativa già appresta, pertanto, una qualche forma di tutela a favore del lavoratore in tema di diritto alla disconnessione. Si tratta, tuttavia, di una tutela più scarna di quella delineata dal legislatore europeo sia perché riconosce, sia pure indirettamente, il diritto alla disconnessione unicamente ai lavoratori in smart working, sia perché non prevede nessuna sanzione nei casi di violazione di tale diritto.

In altri termini, in base all’attuale normativa italiana, un lavoratore in smart working - che per definizione versa in una situazione di alternanza fra lavoro in ufficio e lavoro fuori ufficio - avrebbe diritto alla disconnessione, mentre questo diritto non è riconosciuto al dipendente in telelavoro, che si trova a prestare in pianta stabile la sua prestazione lavorativa fuori dall’ufficio e che, pertanto, sarebbe più esposto al rischio di iperconnessione. Ed ancora, sempre secondo l’attuale legge italiana, un datore di lavoro che dovesse sistematicamente richiedere al lavoratore di rimanere connesso agli strumenti informatici, anche al di fuori dell’orario lavorativo, non incorrerebbe in nessuna sanzione, semplicemente perché tale sanzione non è prevista. Le nuove regole dettate dalla Comunità europea, ove correttamente recepite nel nostro Paese, dovrebbero essere risolutive di tutte queste incongruenze e dovrebbero assicurare un effettivo diritto alla disconnessione del lavoratore, a oggi molto spesso riconosciuto solo sulla carta.

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