Contratti collettivi, tipizzazioni vincolanti per il giudice
Le previsioni del contratto collettivo in materia di licenziamento disciplinare, laddove sono tipizzate le ipotesi che giustificano il ricorso alla sanzione massima espulsiva, hanno carattere vincolante per il Giudice, in quanto sono espressione delle valutazioni operate dalle parti sociali in merito alla gravità di determinati comportamenti inadempienti. Consegue da questo principio che è illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro in presenza di un contratto collettivo che, in ordine ai fatti oggetto di contestazione disciplinare, preveda l'irrogazione di una sanzione conservativa.
La Corte di cassazione è giunta a queste conclusioni con la sentenza n. 11630/16, depositata ieri, nella quale, conformandosi ad un indirizzo maturato in seno alla giurisprudenza di legittimità, ha confermato che le tipizzazioni degli illeciti disciplinari previste nei contratti collettivi non possono essere disattese dal giudice, essendo il frutto di valutazioni delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, le quali devono ritenersi corrispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità.
Il caso sul quale è stata chiamata a decidere la Cassazione è relativo al dipendente di un ente comunale il quale si era reso responsabile di timbrature irregolari per avere fatto in modo di risultare presente in servizio nell'arco di complessive diciotto ore nelle quali, invece, era rimasto assente.
Il contratto collettivo degli enti locali ricollega alle timbrature irregolari la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione da un minimo di undici giorni ad un massimo di sei mesi, al pari di altri comportamenti, quali l'occultamento da parte del responsabile aziendale di fatti relativi alla sottrazione di somme o beni dell'ente, così come la violenza morale o la persecuzione psicologica nei confronti di altro dipendente, oppure atti e comportamenti aggressivi e denigratori reiterati. In presenza di queste condotte, che sono l'esemplificazione di un insieme più ampio di altre azioni disciplinarmente rilevanti prese in esame dal contratto collettivo, la sanzione massima irrogabile al pubblico dipendente che opera nel comparto degli enti locali è quella conservativa.
Solo in casi ancora più estremi, quali la condanna passata in giudicato per delitti non attinenti al rapporto di lavoro o la grave incapacità, connotata da dolo, nell'adempimento degli obblighi di servizio, il contratto collettivo degli enti locali prevede la possibilità di infliggere la sanzione espulsiva.
Sulla scorta di questa disciplina contrattuale collettiva, la Corte d'appello di Torino aveva ritenuto illegittimo il licenziamento irrogato al dipendente per essere la misura espulsiva sproporzionata rispetto alla gravità del fatto contestato (timbratura irregolare). La Corte di cassazione ha condiviso questa valutazione e confermato che, in presenza di un licenziamento per giusta causa, le ipotesi di illecito disciplinare tipizzate dai contratti collettivi non possono essere disattese, ma hanno carattere vincolante per le parti del rapporto di lavoro.
Le valutazioni compiute, a tale proposito, dalle parti sociali nella individuazione delle condotte passibili di licenziamento, piuttosto che di sospensione disciplinare o di altra sanzione conservativa, secondo la lettura offerta dalla Cassazione, rispondono in linea di principio a canoni di normalità e non possono, per tale ragione, essere disattese dal datore di lavoro.
La sentenza 11630 della Corte di cassazione