L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Sentenza di fallimento e licenziamento dipendenti

di Marrucci Mauro

La domanda

Premesso che l'azienda è superiore a 15 dipendenti; che alla data di fallimento tutti i lavoratori sono posti in cigs a zero ore; che la cigs dovrebbe interrompersi alla data di fallimento (scadente comunque entro 1 mese). Posto che l'azienda non ha attività economiche in corso; che naturalmente non ci potrà essere preavviso lavorato. Considerando che non devono crearsi costi in capo al fallimento onde evitare crediti in prededuzione. Quale procedura il curatore dovrà seguire per cessare tutti i rapporti lavorativi? Licenziamento collettivo art. 4, L. 223/91? Oppure licenziamenti individuali plurimi art. 7, L. 92/2012? A che data verranno a cessare i lavoratori, data di fallimento o successiva?

L’art. 2, comma 70, della legge n. 92/2012, ha abrogato, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2016, l’art. 3 della legge n. 223/1991, venendo meno la possibilità di ricorso alla CIGS in conseguenza dell’ammissione alle procedure concorsuali ivi indicate. Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24/2015 ha precisato che, successivamente al 31 dicembre 2015, nel caso in cui l’impresa sia sottoposta a procedura concorsuale con continuazione dell’esercizio, potrà fare ricorso ad una delle causali espresse dall’art. 21 del D.Lgs. n. 148/2015. Con la successiva circolare n. 1/2016 il Dicastero ha altresì precisato che le imprese che abbiano richiesto la concessione del trattamento di CIGS in forza delle causali d’intervento previste dalla previgente normativa, nonché dall’art. 21 del D.Lgs. n. 148/2015, e che, in costanza di fruizione dell’ammortizzatore, siano sottoposte a procedura concorsuale con prosecuzione dell’esercizio, al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori, potranno ottenere l’autorizzazione al trattamento in favore dei dipendenti – nel limite del periodo già richiesto - a condizione che gli organi della procedura si impegnino a proseguire e concludere il programma inizialmente presentato. Nella circostanza in cui non venga dichiarato l’esercizio provvisorio, venendo a decadere la condizione causale di ricorso alla CIGS, l’ammortizzatore non potrà più essere beneficiato durante il decorso della procedura. Ciò premesso occorre precisare che, nel caso in cui non venga disposto l’esercizio provvisorio, i rapporti di lavoro vengono sospesi - entrando in quiescenza - ai sensi dell’art. 72 L.F., per dare al curatore la possibilità di aver contezza della situazione aziendale ed assumere compiutamente una decisione volta a soluzioni conservative utili alla ricollocazione aziendale o espulsive. Secondo quanto prospettato nel quesito, nella fattispecie sembrerebbe necessario procedere al licenziamento del personale. In ragione della dimensione aziendale, il curatore sarà costretto ad operare un licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 non individuandosi le condizioni normative per il licenziamento individuale, ancorché plurimo, secondo la procedura di cui all’art. 7 della legge n. 604/1966. La procedura di licenziamento collettivo è infatti obbligatoria anche per il curatore fallimentare di un’impresa che, occupando più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro o di cessazione dell’attività, intenda effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive della stessa provincia (art. 24, commi 1 e 2, legge n. 223/1991). Il licenziamento potrà avvenire soltanto una volta esaurita la procedura scandita dal richiamato art. 4 della legge n. 223/1991 con effetto dal giorno della notifica del medesimo. Al momento del licenziamento ai lavoratori dovrà essere liquidata l’indennità sostitutiva del preavviso. Del resto, il preavviso è collegato al potere di recesso nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato e ne costituisce un limite interno in quanto, in sua mancanza, il recedente sarebbe tenuto, a norma dell’art. 2118 c.c., a corrispondere all’altra parte una indennità sostitutiva, che ha natura risarcitoria e non retributiva, ancorché sia per legge commisurata alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Ciò anche nel caso che il rapporto sia cessato a causa del fallimento. In tal caso, Cass. n. 18565/2008 ha precisato che “il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso in favore del lavoratore dipendente, il cui rapporto di lavoro si è risolto "ex lege" a seguito della dichiarazione del fallimento dell’impresa, sua datrice di lavoro, senza continuazione con l’amministrazione fallimentare per le esigenze del fallimento, non può essere soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell’art. 111 numero L.F., potendo il relativo credito, che trova la sua unica causale nel rapporto lavorativo, essere soddisfatto invece - in ragione della sua natura di credito privilegiato - nella liquidazione dell’attivo fallimentare come ogni altro credito di lavoro (art. 2751 bis, comma 1 n. 1, c.c.)”. Ad una diversa prospettazione si giungerebbe nella circostanza in cui il curatore avesse utilizzato le energie del lavoratore in costanza di esercizio provvisorio.

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